Politica

Il mio no a Epifani. Ora gli chiedo: sarà in piazza con la Fiom?

Democrack «Stiamo con gli ultimi? Allora andiamo dove i lavoratori e i cassintegrati fanno le loro proposte»

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 12 maggio 2013

«Io non ho superato l’anomalia berlusconiana. Mio padre era un comandante partigiano, è morto un anno fa a 97 anni. E prima di chiudere gli occhi mi ha detto: la cosa che mi dispiace di più è andarmene che ancora lui comanda. Oggi Berlusconi non ha smesso di comandare». Andrea Ranieri, ex senatore, ex assessore a Genova ma soprattutto ex Cgil e ancora molto legato al sindacato, è uno dei pochi che dal palco della Fiera di Roma ieri hanno annunciato il no a Epifani. Perché, spiega, «quello dell’assemblea per molti aspetti è stato un rito autoconsolatorio.Il gruppo dirigente ha trovato una sua coesione ma non ha affrontato le ragioni per cui abbiamo perso il contatto con il nostro popolo. Si sono rimosse le questioni che ci hanno portato a un governo con il Pdl.

Per Epifani è stata una necessità.

Ma da cosa è stata determinata questa necessità? I 101 che hanno tirato giù Prodi dalla candidatura al Colle erano in quest’assemblea. E hanno vinto. Forse meriterebbero un monumento, quello del milite ignoto della nuova coesione e pacificazione nazionale.

Il nuovo segretario ha fatto un discorso tutto rivolto alla questione sociale. Non l’ha convinta?

L’ultimo documento politico del Pd è stato quello degli 8 punti della proposta del governo Bersani. Muovevano da una logica: non c’è nessuna possibilità di affrontare l’emergenza economica e sociale se non si affronta l’emergenza democratica. I cambiamenti necessari sono possibili solo con un governo in grado di fare scelte di cambiamento. È molto difficile che un governo con Berlusconi dia la possibilità di prendere la strada del cambiamento. Oggi a Epifani vorrei chiedere una cosa: sarà in piazza il 18 all’appuntamento organizzato dalla Fiom?

Epifani è l’ex segretario della Cgil. Non è una richiesta eccessiva?

Ovviamente non gli chiedo se aderisce alla piattaforma della Fiom. Gli chiedo se andrà in piazza con i lavoratori, i cassintegrati, quelli che fanno proposte e chiedono risposte a questo governo. Il governo che, secondo quello che tutto il gruppo dirigente Pd non doveva nascere. E invece è nato.

Bersani direbbe: non si poteva fare altro.

Sono convinto che se tutto il Pd avesse votato Prodi, dopo due votazioni Prodi era capo dello stato. Rodotà aveva già chiesto a Grillo di convergere su lui. Naturalmente questo non poteva succedere alla prima votazione. Prodi è stata l’ultima chance della linea del cambiamento. Che è stata bruciata in maniera consapevole e deliberata.

Quello d’autunno che congresso sarà?

Spero che non si cambino le regole in corsa. Può darsi che nel Pd che non c’è andrà bene fare un congresso a tesi e solo fra gli iscritti. Ma farlo adesso significa chiudersi. Va fatto un congresso su mozioni con candidati premier che fanno riferimento a alternative strategiche.

Le alternative sembrerebbero due: chi crede che il governo sia una dura necessità e chi non è convinto.

Forse c’è anche la terza via di chi vuole capire come costruire un partito che non agisca sull’onda della necessità. Invocare la necessità è il cedimento più forte possibile alla logica degli altri. Un partito non agisce per necessità, al massimo oggi può capire perché l’ha dovuto fare fatto. La necessità esclude l’azione consapevole.

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