Giorgia Meloni è entrata nella sala del Palacongressi di Rimini verso le 11 e 45 mentre, casualmente, parlava Madnack Dan. Operaio in una ditta di caldaie di Reggio Emilia, Madnack è un migrante arrivato in Italia dalle isole Mauritius e in Fiom ha fatto tanta gavetta fino a diventare presidente del Comitato centrale. «Noi come sindacato dobbiamo essere solidali con le persone che soffrono e scappano dalle guerre per trovare condizioni di vita migliori nel nostro paese – ha detto Madnack mentre Meloni si stava sedendo -. Ringrazio Maurizio Landini che ha ricordato la tragedia di Cutro».

La nemesi della migrazione è stata sottolineata dal boato della platea di 896 delegati Cgil. «Tanti anni fa – ha raccontato Madnack – sono venuto in Italia, oltre 38 anni fa, ho lavorato in Italia regolarmente, ognuno di noi ha diritto di vivere una vita degna, di poter aiutare i propri figli a crescere e a studiare, a diventare delle persone che possono migliorare la nostra società. Io non mi considero migrante, mi considero italiano».

Alla prova dei fatti, le sue parole sono state molto più efficaci della protesta annunciata da due giorni dalla minoranza della Cgil: la presidente del Consiglio non ha avuto il coraggio di rispondergli.

Anche perché prima fuori dal Palacongressi in mattinata avevano fatto più rumore i balneari con il tricolore e gli striscioni neri con i loro fischietti che i cori e i canti organizzati da Eliana Como, intervistata dal manifesto lo scorso 8 ottobre, e prima firmataria del documento di minoranza “Le radici del sindacato” che ha raccolto il 2% dei voti. La protesta l’aveva lanciata già mercoledì. Facendo il verso alla scritta usata da Chiara Ferragni a Sanremo: “Pensati sgradita”.

Dopo 48 ore di grande visibilità mediatica, la protesta si è concretizzata in un presidio all’ingresso con striscioni a ricordare la tragedia di Cutro.

Meloni però ha voluto sfidare la contestazione. Da protocollo doveva entrare da un ingresso laterale. Lo ha fatto ma poi è uscita nuovamente per rientrare dall’ingresso principale, con doppia stretta di mano con Landini a favore di circo mediatico.
All’ingresso di Meloni, una trentina di delegati della minoranza ha lasciato la sala. Sui tavoli hanno lasciato alcuni peluches colorati: Peppa Pig, Paperino, l’orso Teddy e altri orsacchiotti. «Per noi il congresso finisce qui, non c’è motivo di proseguire oltre», urla uno di loro, mentre i compagni intonano “Bella ciao” e si avvicinano all’uscita. La smorfia di Meloni nell’ascoltare la canzone partigiana è comunque una vittoria.

La presidente del consiglio poi ha giocato abilmente contro i (pochi) contesattori: «Ho visto lo slogan ‘Pensati sgradita’, uno slogan efficace anche se non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica…», sebbene il copyright della battuta sia di Massimo Gramellini nella sua rubrica quotidiana sul Corriere.

Poi ha cercato di essere simpatica: «Mi fischiano da quando avevo 16 anni, sono cavaliere al merito in questa materia…». Ma a Madnack non ha risposto e di Cutro non ha parlato.