Cultura

Il mezzo necessario per conflitti ad alta intensità

Il mezzo necessario per conflitti ad alta intensitàLynn Hershman, «Phantom Limb Seduction», 1986

Noir «Solo per amore», ultimo appuntamento della serie «le vendicatrici» di Carlotto e Videtta. Mercanti di organi, preti di strada, latifondisti in trasferta e un gruppo di donne che si ribella al ruolo di vittime sacrificali

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 dicembre 2013

Un romanzo che si snoda tra Roma e Verona, città di frontiera, nodo del caotico e spesso coincidente movimento di merci e uomini e donne. Nella città veneta, infatti, molti dei migranti transitano per trovare il sospirato «passaggio» per giungere alla sospirata meta, rischiando di «sparire» perché qualche mercante di esseri umani non vuole rischiare di finire in manette. A Verona ci sono però anche i «preti di strada» che aggirano sapientemente la legge – quella, tanto per intenderci, che considera i «sans papier» criminali al pari di chi fa profitti sulla loro pelle – e poliziotti fanatici del motto «legge e ordine» che farebbero di tutto per arrestare qualche pesce piccolo, ostentando poi l’arresto nel proprio curriculum vitae. Non poteva dunque che essere la città veneta uno dei set dell’ultima puntata della serie delle «Vendicatrici» firmata da Massimo Carlotto e Marco Videtta. Appuntamento è dedicato a Luz, la donna colombiana che nelle precedenti puntate era stata quasi sempre sullo sfondo (Solo per amore, Einaudi, pp. 173, euro 15). Di questa vendicatrice si sapeva che è madre di una dolcissima bambina, Lourdes, e che in passato si prostituiva per garantirle un’infanzia senza la presenza di quella feroce compagna di vita che può essere la povertà. Una donna che aveva conosciuto una relativa felicità dopo l’incontro e l’inizio della relazione con Ksneia, altra vendicatrice, ma di origine siberiana.

Corpi da vivisezionare

Il punto di partenza e di fine di questi romanzi, è sempre utile ricordarlo, è però Roma, città fondamentale nelle nuove geografie italiane del connubio tra politica, economia e criminalità organizzata. Un connubio che vede come protagonisti latifondisti colombiani. Per loro i contadini vanno trattati come schiavi e per tenerli in riga hanno un esercito di di vigilantes dal macete affilato e la pistola facile, da usare senza scrupolo appena i campesinos alzano la testa. I naturali alleati dei latifondisti sono i narcotrafficanti. In Europa, invece, molte bande criminali si sono specializzate nella tratta dei migranti, della prostituzione e del traffico di organi (molti migranti sono la materia prima da vivisezionare per ricavare parti da vendere). Come corollario, ci sono poliziotti che interpretano in maniera «compassionevole» il senso dello stato, a differenza di altri uomini o donne in divisa, che hanno invece visto troppi serial televisivi e considerano la tutela dell’ordine pubblico come una variante di una più ampia guerra ai poveri.

Solo per amore ha un avvio adrenalitico. Luz ha confessato a se stessa la sua bisessualità. L’amore per Ksenia non le impedisce di vivere una passione altrettanto travolgente con un maschio del suo paese. E quando questo è ammazzato nella camera d’albergo dove si incontrava con Luz, la colpevole non può che essere Ksenia. Ma è una colpevole troppo facile da indicare. Ma c’è qualcosa che non va nella ricostruzione dell’omicidio. L’uomo era un vigilantes al soldo del latifondista colombiano mandato a Roma per eliminare una ragazza contadina incinta del suo secondogenito. Va eliminata per evitare possibili rogne nella successione dell’eredità e perché il fascinoso erede doveva sposare la figlia di un narcotrafficante. Un affronto che non va tollerato.

Gli autori di Solo per amore sono due abili produttori di noir e poco concedono alle storie rosa. Usano il noir come «arma politica» anche per rappresentare la sessualità. Nessuna concessione al melò, dunque, bensì una critica neanche tanto velata alle norme che definiscono ruoli sessuali standardizzati. Luz è infatti l’incarnazione di identità anche sessuali in divenire. E mettono dunque nero su bianco come la scelta bisessuale non ha nulla di amorale. Il pregio di questo romanzo è che lo fanno senza nulla concedere a una retorica pruriginosa. Un controcampo a quanto gran parte dei media fanno quando c’è di mezzo la sessualità.

Pagina dopo pagina compaiono tutti i personaggi della serie. La siberiana che è riuscita a costruire relazioni umane fondate su tolleranza e reciprocità; Sara, l’ex-agente dei Nocs è donna d’azione. A lei il compito di mettere in campo un possibile ricorso all’uso della violenza. Eva è la donna invece che non concede mai scorciatoie a nessuno, stabilendo una regola indispensabile per vivere in libertà rapporti e relazioni sentimentali: la chiarezza, anche quando ciò fa male. C’è poi Felix, l’infermiere cubano, comunista da sempre che ha abbandonato l’isola perché l’altro mondo possibile si stava rivelando troppo uguale a quello che aveva combattuto. C’è, infine, Angelina, la donna che ha aperto la sua casa alle vendicatrici. Ed è quest’ultima che invita a riflettere sul fatto che la vendetta non sempre è la soluzione a un problema.

Una pace apparente

Nessun moralismo da parte sua. Sa che tra vendetta e ricerca di giustizia che un rapporto ambivalente e quindi niente affatto lineare. Riconosce le ragioni che possono spingere a infliggere dolore e a usare la violenza, ma invita a non scambiare il mezzo con il fine. Quel che va salvaguardato è il fine, non i mezzi usati per arrivarci. Parole politiche anch’esse, se per politica si intende non la gestione grigia dello status quo, ma un modo di stare insieme per cambiare il mondo. Le protagoniste della serie hanno avuto, romanzo dopo romanzo, la loro vendetta. È il dopo viene ad essere difficile da vivere. È su questo crinale che una parola come conflitto assume un altro significato. Perché la vendetta e la violenza sono sì forme del conflitto, ma non lo esauriscano. Sono cioè momenti di sovversione dello status quo. A cui però deve seguire un momento costituente. È questa la scommessa che le protagoniste sono infine chiamate a giocare.

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