Visioni

Il mestiere dell’attore tra illusione e realtà

Il mestiere dell’attore tra illusione e realtàRenato Carpentieri in una scena de "La stoffa dei sogni" – foto di Duccio Burberi

A teatro Si intitola "La stoffa dei sogni", la commedia di Armando Pirozzi che Massimiliano Civica ha portato sulla scena per un grande Renato Carpentieri.

Pubblicato più di un anno faEdizione del 14 febbraio 2023

Sei un buffone, gli dice la figlia. Ma sono rispettabile, replica lui, il vecchio attore passato a trovarla dopo chissà quanto tempo che non si vedono. Non ho fatto il successo di certi altri pagliacci che so io, ma vado a testa alta. E tira fuori dalla tasca un naso rosso da clown e buffoneggia senza ritegno. Sta un po’ racchiusa in questo scambio di battute la trama de La stoffa dei sogni, la commedia di Armando Pirozzi che Massimiliano Civica ha portato sulla scena per un grande Renato Carpentieri. Se il titolo e molte citazioni rimandano a Shakespeare, è inevitabile pensare piuttosto ai personaggi che tornano ossessivamente nell’opera teatrale di Thomas Bernhard, anche questo è in fondo un «ritratto dell’attore da vecchio». Il vecchio attore di Einfach Kompliziert, i due vecchi fratelli di L’apparenza inganna… Grandiosi per un lontano splendore o per il presente fallimento di tanta ambizione.

LEI GLI HA OFFERTO di restare lì, per la notte. Per terra, sul tappeto dove piscia volentieri il cane. Il giorno dopo non vorrebbe trovarlo ancora lì. Ma c’è una lunga nottata da passare. Notte di pioggia e di fantasmi. Tutta nodi e garbugli. Non è facile sbrogliare la matassa di rancori e recriminazioni, di sentimenti mancati e di incapacità di esprimerli. E infatti le luci disegnano un quadrato al centro del palco, più che un ambiente domestico si tratta dello spazio di uno scontro, senza esclusione di colpi all’apparenza. Dove però gli antagonisti sono una sola persona, come si comprende quando entra in gioco una terza figura, la giovane spalla dell’attore. In cui il vecchio, in un sogno allucinatorio, traspone sé stesso trentenne, quando si trattava di scegliere fra la figlia appena nata che avrebbe voluto chiamare Miranda e il sogno del teatro. Già sapendo che non sarebbe mai diventato Laurence Olivier. Ma tu puoi perdonarti? gli chiede il suo più giovane alter ego.

Lei gli ha offerto di restare lì, per la notte. Per terra, sul tappeto dove piscia volentieri il cane. Il giorno dopo non vorrebbe trovarlo ancora lì.

INSOMMA, gratta Thomas Bernhard e sotto ci trovi Eduardo. Più che al mago Prospero della Tempesta scespiriana viene da pensare all’artefice magico Sik-Sik, l’illusionista da quattro soldi che il giovane Eduardo tirava fuori dalla farsa napoletana per mettere in luce la malinconia del mondo dell’arte. Come quello, il nostro vecchio attore è trascorso dall’inseguimento dell’arte a una lotta per la quotidiana sopravvivenza, serate in posti sconosciuti a recitare sketch di cabaret. Ma la commedia riserva uno scatto finale. Succede quando gli altri due (sono Vincenzo Abbate e Maria Vittoria Argenti) sono coinvolti in un’improvvisazione. E così il teatro torna fuori, inevitabilmente, perché gli attori sono fatti come i sogni, non la smettono mai di recitare. È quasi l’alba. Come tutte le opere di Eduardo, anche quella di Pirozzi finisce col perdono.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento