Il Mediterraneo e la contraddittoria centralità dell’Italia
SCAFFALE A proposito dell'ultimo volume di Egidio Ivetic per Rubbettino
SCAFFALE A proposito dell'ultimo volume di Egidio Ivetic per Rubbettino
Nell’Italia degli ultimi anni si registra un atteggiamento ambivalente nei confronti del Mediterraneo: da una parte restano il mito del mare nostrum (che, è bene ricordarlo, al tempo dei romani indicava non il suo possesso, ma la familiarità rispetto all’alterità oceanica), la meta di molte vacanze, una intimità costruita attraverso i secoli se non i millenni; dall’altra è causa di contese politiche, alimentate dal timore che il sud del Mediterraneo costituisca una minaccia, che fra nord e sud ci sia una frattura irreversibile.
Siamo europei o siamo mediterranei? Possiamo essere entrambi oppure, come molti sembrano pensare, le due condizioni sono inconciliabili? Egidio Ivetic, nel suo Il Mediterraneo e l’Italia. Dal mare nostrum alla centralità comprimaria (Rubbettino, pp. 162, euro 18), delinea una piacevole passeggiata attraverso queste domande, compiuta da uno specialista della storia del mare che ci circonda, in particolare dell’Adriatico e delle sue sponde.
GIÀ DALLE PRIME PAGINE introduttive, Ivetic assume un atteggiamento perfettamente razionale: invece di perdersi in inutili discussioni su identità e scontri di civiltà, sottolinea come l’Italia abbia strutturalmente cessato di occupare un posto rilevante nel Mediterraneo. Eppure, come mostrano già le prime pagine, il passato della penisola andava in tutt’altra direzione, a partire dal protagonismo di molte città italiche nella rivoluzione commerciale dei secoli appena successivi al Mille. Certo, non si trattava, all’epoca, dell’Italia, visto che uno Stato unito non esisteva, ma si può notare come la pervasività delle reti commerciali di Venezia, Pisa, Genova e altre realtà fosse di gran lunga superiore rispetto a quella ricoperta dall’Italia in quanto nazione unita.
La frattura si può individuare nell’età moderna, nonostante i tentativi di invertire la tendenza; il principale si ebbe nell’età del nazionalismo che, secondo Ivetic, è da situare fra 1908 e 1943. Avrebbe come inizio simbolico La nave, il dramma di Gabriele D’Annunzio rappresentato al Teatro Argentina a Roma proprio nel 1908 in presenza di Vittorio Emanuele III; il fascismo sarebbe dunque stato una prosecuzione di questa politica stabilita già dall’inizio del Novecento.
UN’AMPIA PARTE del libro è dedicata all’immediato passato, al presente e, come ipotesi di lavoro, al prossimo futuro. Il parallelo con la Francia («il paese che maggiormente ha investito nel Mediterraneo, in senso intellettuale e culturale») è mortificante per l’Italia, anche se potrebbe allo stesso tempo costituire un modello. Come sempre, è importante che un libro apra dei problemi, che ponga delle domande: e con Il Mediterraneo e l’Italia Egidio Ivetic non può che concludere (nonostante la nostra politica paia andare in una direzione assai diversa) su un interrogativo circa la capacità dell’Italia di «diventare una cultura mediatrice tra l’Europa e il Mediterraneo».
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