Nonostante la problematica sia stata portata all’attenzione di tutti, l’inquinamento da plastica nel mare non diminuisce. Lo attesta il report Wwf Inquinamento da plastica negli Oceani: impatti su specie, biodiversità ed ecosistemi marini che, realizzato con l’Istituto Alfred Wegener per le ricerche polari e marine, analizza quasi 2.600 studi su quella che l’Onu ha definito una vera e propria crisi planetaria.

Ormai la massa in peso di tutta la plastica presente sul Pianeta è il doppio della biomassa di tutti gli animali terrestri e marini e la soglia massima tollerabile di inquinamento da microplastica (stabilita a 120.000 oggetti per metro cubo) è già stata superata in diversi hot spots di inquinamento, incluso il Mar Mediterraneo. Stando così le cose la crescita prevista dell’inquinamento da plastica comporterà in molte aree gravi rischi ecologici se non si interverrà subito per ridurre la produzione e l’uso della plastica.

L’effetto di questo inquinamento è micidiale e si manifesta in vari modi: intrappolamento, ingestione, soffocamento e rilascio di sostanze chimiche tossiche. Sono 2.150 le specie marine venute in contatto con la plastica. Il 90% degli uccelli marini e il 52% delle tartarughe ingeriscono plastica: la sua dispersione è tale che, non solo è entrata nella catena alimentare, ma sta impattando significativamente sugli ecosistemi marini più importanti al mondo come le barriere coralline e le foreste di mangrovie.

L’82% dei rifiuti gettati a mare dai Paesi europei è fatto di plastica (frammenti e articoli monouso come bottiglie, imballaggi e sacchetti): ogni anno finiscono nel Mar Mediterraneo 229.000 tonnellate di plastiche (come se ogni giorno finissero in mare 500 container di rifiuti). Più della metà di questa plastica proviene da soli 3 Paesi: Egitto (32%), Italia (15%) e Turchia (10%). La responsabilità del nostro Paese è enorme: se si guardano le città più inquinanti del bacino del Mediterraneo, tra le prime 10, ben 5 sono italiane (Roma, con il primato assoluto, Milano, Torino, Palermo e Genova). Fonte principale di immissione della plastica in mare sono le attività costiere e una gestione inefficiente dei rifiuti che peggiora in estate per l’aumento del turismo e delle attività ricreative. Seguono poi le attività economiche che con pesca, acquacoltura e navigazione disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.

Da uno studio emerge che almeno 116 specie animali che vivono nel Mar Mediterraneo hanno ingerito plastica: una balena, ad esempio, filtra 700.000 litri di acqua ogni volta che apre bocca assumendo una quantità enorme di plastiche e microplastiche. Questa minaccia pervasiva e in continua crescita può essere affrontata solo con una decisa azione globale: una strategia complessiva che i Paesi dovranno stabilire adottando un trattato globale all’Assemblea 5.2 delle Nazioni Unite sull’Ambiente che si terrà dal 28 febbraio al 2 marzo 2022 a Nairobi. Per questo sta aumentando la pressione dell’opinione pubblica affinché si arrivi ad un trattato efficace e vincolante: questo chiedono 156 Paesi (più di tre quarti degli Stati membri dell’Onu), più di 700 organizzazioni, oltre 100 aziende e più di 2 milioni di persone che in tutto il mondo hanno già firmato una petizione del Wwf (si firma sul sito www.wwf.it, dove è scaricabile il dossier).

*vicepresidente Wwf Italia