Il mar cinese d’Europa è nel porto del Pireo
Cina/Grecia Atene e Pechino hanno firmato importanti contratti, che il nuovo governo greco dovrà «gestire». Per i cinesi la Grecia è fondamentale per le rotte commerciali e le proprie importazioni
Cina/Grecia Atene e Pechino hanno firmato importanti contratti, che il nuovo governo greco dovrà «gestire». Per i cinesi la Grecia è fondamentale per le rotte commerciali e le proprie importazioni
Un importante manager cinese, recentemente, ha sottolineato la rilevanza del proprio scalo portuale in Grecia perché, grazie all’assenza di scioperi, si lavora tutti i giorni.
Il precedente governo greco, infatti, ha stretto molti accordi con i cinesi, garantendo il controllo dei sindacati e quindi dei lavoratori, in cambio di investimenti che hanno rinsaldato le scarne casse greche e che già fruttano profitti a Pechino. La domanda è: il governo che uscirà dalle elezioni, come gestirà una relazione che per Pechino è fondamentale per i propri interessi in Europa?
La strategia «europea»
Partiamo dagli interessi cinesi. La Cina ha messo un punto finale, nella vicenda relativa alla creazione di un varco di ingresso in Europa. La necessità era un comodo arrivo nel cuore dell’Europa di alcuni prodotti, che hanno ancora buoni numeri a livello di esportazione. Abbigliamento, macchinari di produzione, elettrodomestici e veicoli.
Per arrivare nel Pireo, dove alloggia il più grande porto container al mondo, con il quale la Cina fece un primo accordo già nel 2009, concluso lo scorso giugno, è necessario organizzarsi. Il 18 dicembre 2014 a Belgrado, Cina, Ungheria, Serbia e Macedonia hanno accettato di costruire un collegamento ferroviario espresso terra-mare che collega Budapest, Belgrado, Skopje, Atene e il porto del Pireo in Grecia. In questo modo la Cina ha risolto parecchi problemi: un più comodo accesso al mare per le esportazioni cinesi verso l’Europa e per le merci europee verso la Cina.
Inoltre – ha scritto il China Daily – «trasformerà il Pireo in un nuovo hub per il commercio con il continente, oltre ad aiutare paesi senza sbocco sul mare come Ungheria e Serbia ad ottenere accesso al porto di transito più importante che collega i Balcani, il Mediterraneo e l’Africa». Zhao Junjie, un ricercatore di studi europei presso l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, ha detto che il progetto aumenterà in modo significativo lo sviluppo economico dei paesi lungo il corridoio, con il percorso che passa attraverso un territorio con 32 milioni di abitanti e 340.000 chilometri quadrati di terreno.
«Diventerà un’alternativa alla rotta nord esistente, che collega la Cina con l’Europa in treno, che attraversa la regione autonoma del Xinjiang, Russia, Polonia e la Spagna» ha raccontato al China Daily. E il premier Li Keqiang che in quei giorni era in Serbia, ha specificato che si tratterebbe soltanto del primo di altre «linee» costruite nella regione. Vada come vada, la Cina nella Grecia ha un punto fondamentale dei suoi interessi in Europa. Ed è stato l’unico paese al mondo a investire in Grecia, quando tutti scappavano.
Camminare sul fiume
La crescita cinese, ora in fase di rallentamento, ha creato la necessità per il partito comunista di re-inventare parecchie cose nella propria organizzazione statuale e sociale. In primo luogo, da partito rivoluzionario è dovuto diventare un partito di potere. Ha dovuto piegare la propria storia, motivando lo spirito socialista, con la necessità di sviluppare un modello ibrido, capace di arricchire fasce della popolazione, mantenere l’ordine sociale e soprattutto la sua centralità. «Prima di tutto lo sviluppo», si diceva fino a qualche anno fa.
Ora le cose sono cambiate. Ma queste modifiche continue, costituiscono tentativi con i quali il partito tenta di inventarsi una strategia. «Camminare sul fiume toccando le pietre», un detto attribuito a Deng Xiaoping, è il motto. E quindi la Cina procede: c’è bisogno di risorse, di know how e di sbocchi commerciali. Le prime si vanno a cercare in America Latina e Africa. La moneta di scambio è doppia. Nei paesi latinoamericani la Cina funziona come il Fondo Monetario internazionale. Chiede risorse e concede prestiti. In Africa, costruisce infrastrutture, scuole, strade, ospedali.
Per il know how il problema è più grande, perché quello risiede, agli occhi dei cinesi, in Europa e negli Stati uniti. E l’Europa è potenzialmente un competitor, molto attenta alle questioni legati al copyright, un ostacolo non da poco. Da un lato quindi, ci si avvicina con ferrovie, nuove via della Seta, nuovi sbocchi al mare. In secondo luogo si aspetta, si attende il momento buono. E poco dopo la crisi che ha messo in ginocchio il Vecchio Continente, ecco la Cina.
Container e varco sul mare
Come ha scritto Vittorio da Rold su Il Sole 24 ore il 26 marzo 2014, «Mentre gli investitori occidentali si aspettavano il default greco e fuggivano a gambe levate dall’Acropoli, i cinesi scommettevano su Atene offrendo investimenti e di comprare bond. Era il 3 ottobre 2010 quando tra l’allora premier greco Giorgos Papandreou e quello cinese Wen Jiabao, in visita ad Atene per due giorni, si strinse un’alleanza strategica tra i due Paesi che avrebbe trasformato la Grecia nella porta occidentale della Cina».
Stessa sensazione viene sottolineata, in tempi più recenti, dal Financial Times, che ha ricordato l’arrivo dei commercianti cinesi nel 2004, a vendere abbigliamento e prodotti made in China, salvo poi passare il timone agli investitori. In particolare la Cina ha stretto un accordo sull’uso del porto del Pireo, «come centro logistico per lo smistamento e il transito dei prodotti della Zte che è entrato in attività dal 20 marzo scorso. In base all’intesa, i prodotti della Zte saranno inviati tramite il porto del Pireo in 12 Paesi dell’Europa Sud-orientale: Austria, Italia, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Spagna e Portogallo».
E mentre il Daily Telegraph registrava la delusione greca di «aver venduto l’anima ai cinesi», nel giugno scorso Grecia e Cina concludevano, nella pratica, l’affare: la Cosco, una società controllata dal governo di Pechino, annunciava la spesa di 3,3 miliardi di euro per l’acquisizione del controllo del molo greco per i prossimi 33 anni.
Investimento per strutture (un nuovo approdo, per aumentare le possibilità di carico): 564 milioni di euro. «Il porto commerciale – situato vicino al terminal dei traghetti, la porta d’ingresso alle isole greche- al momento è in grado di caricare e scaricare 1,8 milioni di container all’anno. Il che significa che ogni giorno 5 mila moduli per il trasporto commerciale passano da queste parti», ha scritto il Daily Telegraph. E si tratta di un investimento che già porta profitti a Pechino: la Cosco infatti «ha messo a segno la sua miglior performance con un incremento del 16% dei profitti 2013 pari a 23,1 milioni di dollari».
E come ha sottolineato Il Sole 24 ore, riportando le parole di Xingru Wang, vice presidente e amministratore delegato di Cosco Pacific, il terminal cinese non ha mai perso un giorno di lavoro «per gli scioperi». I cinesi ci mettono i soldi, i greci – fino ad ora – hanno tenuto a bada i sindacati e i lavoratori. Con il cambiamento politico deciso e scaturito dalle urne sarà ancora così? I cinesi sono in attesa.
E dopo le merci…
Il 60 per cento delle importazioni di materie prime strategiche per la Cina, viaggia su navi greche. Naturale dunque un rapporto privilegiato tra i due paesi in Europa, ma gli affari non riguardano soltanto la navigazione e il commercio.
C’è di mezzo anche il turismo, naturalmente. Fosun – il più grande conglomerato cinese di aziende private – che ha acquisito parecchi asset in giro per il mondo, avrebbe concluso un accordo di 5 miliardi di euro per un progetto in grado di sviluppare attività commerciali, concentrate nel restyling del vecchio aeroporto di Atene. Gli arrivi dei turisti cinesi, una frazione di quelli diretti altrove in Europa, sono in aumento in Grecia: 28.000 visitatori cinesi hanno viaggiato ad Atene, Santorini e Creta nel 2013.
E nel 2014 sono diventati oltre 40mila, nonostante un problema logistico non da poco, che pare ormai in procinto di essere superato: non esiste un volo diretto ad Atene da Pechino o da Shanghai. «I visitatori devono prima passare da Istanbul o Francoforte, che taglia il soggiorno se si ha solo una settimana di ferie come hanno la maggior parte dei cinesi che viaggia in Europa», ha detto al Financial Times un’operatrice turistica cinese. «Ma il mercato sta per esplodere, ha assicurato, non appena il collegamento aereo sarà impostato».
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