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Il lungo viaggio di Cip e Tigre

Il lungo viaggio di Cip e Tigre

Libri Nell'avventura raccontata da Fabrizio Tonello, il carattere animale dell'umano

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 3 luglio 2021

Il topos letterario dell’identificazione tra umanità e mondo animale, del quale effettivamente l’uomo fa parte anche se spesso lo dimentica, è un più che classico di quella forma di narrazione mitica che prende il nome di fiaba. E la fiaba, si sa, non solo nasce prima della storia, ma pure le succede, nella sua eterna capacità di trasmissione poietica del valore simbolico delle immagini. L’abilità dell’affabulatore, cioè del narratore di fiabe, e del suo illustratore, colui cioè che la rende graficamente, consiste nel talento di generare nuove metafore rinnovando un arcano, una immagine archetipica, ciò che è dentro di noi da tempi immemorabili e che loro rievocano per il lettore.

DA ESOPO AD APULEIO, sino ai contemporanei Orwell ed all’anonimo Filelfo, infatti, la suggestione identificativa riunisce ed intreccia nella tela della fiaba antropo-zoomorfa, due fili immaginali di grande potenza evocativa: da una parte quella che possiamo considerare come la trama, la metamorfosi, dall’altro l’ordito, cioè l’emersione del “carattere” umano dell’animale, e viceversa, del carattere animale dell’umano.
E dunque qui, nel Lungo viaggio di Cip e Tigre di Fabrizio Tonello, illustrata da Aurélia Higuet (Edizioni Carthusia) le dramatis personae sono un gatto ed una tigre che stanno viaggiando verso l’Europa comunitaria. Come si conviene, dunque, due animali al tempo stesso molto diversi tra loro, ma altresì accomunati dalla stessa appartenenza felina. Certo la tigre è più possente e maestosa, forte e feroce, ma il gatto è più agile e più furbo; i due si sono accompagnati certo per darci una idea di ciò che possono fare gli esseri quando combinano le loro caratteristiche nei momenti di difficoltà, e non solo. Sarà, infatti, il piccolo gatto che, in definitiva, procurerà al gattone a strisce la roba da mangiare, seppur sotto forma di croccantini da supermercato.
E la tigre, la protagonista, non a caso, è l’animale che Borges adorava, venerava quasi, di più, dandole il compito di portare nelle sue striature il codice mistico delle cose ultime, la risposta alle domande fondamentali.
Ecco che, allora, nella fiaba l’animale simbolico viene sparato, cacciato, catturato, ma alla fine sarà un gruppo di giovani attivisti a liberalo ed a permettergli di continuare quel viaggio che metaforizza l’esigenza, per l’ordine delle cose, per il Cosmo, di continuare a trascorrere, senza barriere, pena la mortificazione stessa dell’Anima Mundi.

IL DEUTERAGONISTA è invece il gatto, che sogna una casa e l’affetto degli umani. Evidentemente ricorda qualcosa di perduto; ecco che passato e sogno si combinano nella forza di attraversare i territori ostili e di superare i momenti di scoramento. Non avrebbe, infatti, potuto saltare l’altissimo muro, se questo qualcosa in lui, la speranza, non gli avesse dato la forza per farlo.
Ecco infine, quasi come figuranti, la lunga teoria di migranti che si accalcano sul filo spinato che segna il confine proibito. Se la favola non fosse tale, sarebbero loro i protagonisti, ma come si conviene , compaiono quasi sullo sfondo della vicenda, come assorbiti dal cono d’ombra dell’avventura felina, nella quale più profondamente, e diremmo naturalmente, ci identifichiamo.
E qui, infine, nasce il vero senso del viaggio di Cip e Tigre, la sua morale: è un viaggio non fuori, verso una meta definita, ma dentro di noi, verso un luogo che abita nel nostro intimo, nell’anima di quell’anima animale che accomuna tutte le forme del vivente tra loro; è il viaggio verso la presa di possesso di se stessi, la scoperta dell’Occultum Lapidem degli alchimisti, la Pietra Filosofale della Libertà.
Cip, infatti , resterà con i suoi nuovi ospiti, pensiamo che Tigre continui il suo viaggio: le case di coloro che accolgono i migranti sono riscaldate dallo stesso fuoco interiore, brillano della stessa luce inestinguibile. Nessuno ferma i migranti come nessuno ferma la ricerca della libertà, ecco, infine la morale della fiaba.

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