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Il Lido di Roma

Cartelli di strada I pomeriggi festivi li trascorrevamo nelle piscine pubbliche. Una domenica optammo per la spiaggia e dalla stazione della Piramide, incalzati dalla calura meridiana che fiaccava fisico e spirito, salimmo sul […]

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 febbraio 2019

I pomeriggi festivi li trascorrevamo nelle piscine pubbliche. Una domenica optammo per la spiaggia e dalla stazione della Piramide, incalzati dalla calura meridiana che fiaccava fisico e spirito, salimmo sul treno che corre parallelo alla via del Mare. Estate 1972. La prima volta a Ostia. Anzi, al Lido di Roma. I biglietti acquistati per l’ingresso alle spiagge riportavano la dicitura di «S.p.a. Stabilimenti balneari – Lido di Roma». Vi si trovavano stampati anche i nomi di alcuni di essi, ritenuti storici, come «Marechiaro», «Duilio», «Pineta Vecchia» e altri. Entrammo in uno stabilimento ubicato nella zona centrale della località, sul lungomare Toscanelli, liberi di borse o sacche da mare che servono per mettere asciugamani, pettine, occhiali. Senza niente.

Non avevamo neanche gli slip per il bagno. A che sarebbe servita la cabina a rotazione, per tutto il giorno, che fungeva da spogliatoio? In una saletta della struttura vendevano costumi da spiaggia, forse per bagnanti occasionali come noi. L’indossammo e finalmente i piedi nudi potettero affondare nell’arenile. Dirigendoci verso la battigia vedevamo venirci incontro onde basse di una distesa d’acqua simile al mare. E comunque era il mare. Ma dove cominciava? Il colore. È la percezione cromatica a dare alla massa acquosa l’idea del mare. L’avevamo sempre visto, lungo altri litorali, azzurro cobalto se agitato e verde chiaro se calmo. Il mare del Lido di Roma, che in quel giorno non era agitato e nemmeno calmo, aveva il colore della sabbia. Uguale. Tanto da confondersi con essa.

Solo la schiuma generata dalle onde basse, frangendosi, ne disegnava il confine. Curvilinee schiumose, di confine, tra spiaggia e mare. Già avevamo preso il treno di malavoglia, ma non appena quella schiuma restò rappresa al dorso dei piedi, sulla riva, tramontò del tutto il proposito d’inzupparci nell’acqua color paglia. Dove una moltitudine di persone se ne stava a mollo col chiacchiericcio allegro, disinvolta, fra bambini giocosi e schiamazzi di adolescenti che abbozzavano incerti stili natatori. La cartolina tipica di una serena giornata al mare, in una qualsiasi spiaggia italiana. L’acqua del mare, di colore azzurro o altro, beh… un optional. Rinfilati i pantaloni, sopra gli slip nuovi e ancora asciutti, ci lasciammo alle spalle bagnanti, stabilimenti e Lido di Roma. La doccia, almeno quella, l’avremmo fatta dopo. Nei pomeriggi festivi riprendemmo i bagni in piscina. A fine estate abbandonammo l’ambiente romano. Nel tempo siamo tornati diverse volte nella capitale, per piacere più che per altro. Al Lido di Roma eravamo sempre lì lì per fare un salto, anche fuori stagione, ma in definitiva non vi abbiamo più rimesso piede. Peccato però.

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