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Il Jurassic park nella nuova stagione del si salvi chi può

L’attuale fase declinante della globalizzazione si è trasformata per l’Occidente – e in particolare per la sua politica estera – in una specie di Jurassik Park, dove contingenze estranee e […]

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 28 gennaio 2017

L’attuale fase declinante della globalizzazione si è trasformata per l’Occidente – e in particolare per la sua politica estera – in una specie di Jurassik Park, dove contingenze estranee e caotiche sono gestite da forze brutali e imprevedibili di cui si era persa cognizione. Qualcosa di antico è tornato alla superficie della storia, rendendola anarchica e nuovamente tragica.

Il “nuovo ordine mondiale” promesso all’inizio degli anni Novanta non si è mai realizzato, anzi: Usa ed Europa hanno perso peso progressivamente, fino a diventare apparentemente irrilevanti. In Medio Oriente comandano Russia, Iran e Turchia; in Asia la Cina é l’unica potenza a godere degli effetti benefici della globalizzazione economica e mostra sempre più aggressività; in Africa dominano flussi incontrollati e nuovi despoti; in America Latina il ciclo virtuoso degli ultimi 15 anni si è fermato.

Ma non dipende tutto solo dagli altri: l’Europa stessa è in crisi interiore, preda di lotte intestine mentre gli Usa di Trump stanno prendendo una strada diversa, più isolazionista. L’oscuro male jurassico corrode l’Occidente anche dal di dentro: vediamo riapparire dottrine sepolte da decenni, risorgere odi e pregiudizi, diffondersi paure dimenticate.

Gli strumenti di gestione della politica internazionale utilizzati dal dopoguerra ad oggi – sempre più raffinati e sofisticati – sembrano ormai inutilizzabili: nel mondo ridivenuto “selvaggio” il software dei diritti umani, del dialogo, del negoziato, delle conferenze Onu e del multilateralismo sembra fuori uso.

Come in Jurassik Park, tutto si è rotto e resta lì, fermo, in frantumi, senza energia, mentre spaventosi mostri (che pensavamo repressi) girano indisturbati e micidiali. In un mondo così che ne sarà di noi? pensa la maggioranza degli occidentali, vagamente conscia di non poter sperare molto nella simpatia dei nuovi “padroni”. Ci saranno nuove guerre? Nuove crisi terroristiche? Nuovi movimenti eversivi? E soprattutto tutti si fanno la stessa domanda che si fecero gli americani dopo l’11 settembre: «Perché ce l’hanno con noi?».

Resta allora la disperata fuga del “si salvi chi può”: Brexit, sovranismi ed altri conati di secessione o defezione, che paiono la reazione più saggia. Profeti di sventura fanno a gara a dipingere quadri sempre più foschi ma tutti dimenticano che una fase simile l’abbiamo già vissuta e non ha dato buona prova di sé: tra la fine della Belle Epoque (la prima globalizzazione) e la guerra mondiale. Ricordiamoci soprattutto che fu il ritorno dei nazionalismi a provocare la catastrofe. Quindi: d’accordo con le critiche alla globalizzazione fin qui vissuta ma niente vecchie ricette. Quelle sì che portano nel baratro.

*viceministro degli Esteri

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