Il jazz di Richard Galliano, esplosione di malinconia
Note sparse Un disco per i trent’anni del New Musette Quartet e un concerto all’Auditorium di Roma. Il fisarmonicista francese celebra il matrimonio tra folclore transalpino e la musica afroamericana
Note sparse Un disco per i trent’anni del New Musette Quartet e un concerto all’Auditorium di Roma. Il fisarmonicista francese celebra il matrimonio tra folclore transalpino e la musica afroamericana
Richard Galliano chiude il suo concerto capitolino dello scorso sabato 12 novembre con Nice Blues, un brano dedicato alla città natale che in inglese ha come significato «grazioso»; poco prima aveva eseguito un valse musette, chiudendo il cerchio di una doppia, riuscita celebrazione.
Siamo alla sala Sinopoli del Parco della Musica per la 40ma edizione del Roma Jazz Festival (6-23 novembre) e l’appuntamento con il New Musette Quartet del fisarmonicista francese è una delle serate di punta della rassegna. Il pubblico si fa attendere ma alla fine l’ampio spazio è abbastanza riempito, anche perché Galliano è da decenni un beniamino del pubblico italiano.
È da poco uscito un doppio cd per l’etichetta Ponderosa Music & Art che celebra i trent’anni del New Musette Quartet: brillante il disco, più che brillante il recital che schiera una formazione diversa. A dialogare con la fisarmonica c’è la chitarra di Philippe Catherine, un artista che evoca Jim Hall in maniera originale, più una sezione ritmica europea con Yaron Stavi (contrabbasso) da Londra ed Hans Van Oosterhout (batteria) da Amsterdam. Richard Galliano è, come di consueto, affabile, dialoga con il pubblico, racconta il senso della celebrazione di un matrimonio tra il folclore francese e la musica afroamericana, tra il valse musette ed il jazz, la lezione di Astor Piazzolla, l’eredità di Marcel Azzola.La musica – esuberante ed appassionate, melanconica e struggente – parla da sola con accenti diversi e con il tempo ternario che danza sulla bottoniera dello strumento. Si apre con l’esuberante French Touch in cui la cantabilità si sposa alla ricerca timbrica, al «sound» di Galliano che è marchio distintivo e cifra stilistica.
Segue l’introversa Spleen, brano che risale a trent’anni fa, mentre più recente è Laurita, una ballad. Sui due solidi binari di tempo veloce e ternario e slow in quattro il concerto decolla, grazie anche alla maestria chitarristica di Catherine. In accompagnamento come in solo, al raddoppio delle melodie come in contrappunto la sei corde del musicista ha sfumature, impennate, colori ed ombreggiature personalissime, al punto da evocare un Jim Hall europeo. Lo conferma il suo pezzo L’éternel desire che spezza la gradevole prevedibilità del repertorio di Galliano, il duo tra i due leader, un Les feuilles mortes che recupera la melodia originale e la suggestione autunnale, chiaroscurale.
Richard Galliano si concede una finestra in solitudine per La valse a Margot e Libertango, tra Francia ed Argentina, coniugando il verbo di un jazz europeo ormai ben stilizzato ma non sterile. Quanto abbia assimilato dello slancio ritmico del jazz e ben visibile nel trascinante Beritzwaltz, una pagina che mette d’accordo le due sponde sonore dell’Atlantico, confermando in Galliano uno dei protagonisti del jazz continentale odierno.
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