Italia

Il grido dei magistrati: “Giustizia lasciata sola”

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Milano Il giorno dopo la strage compiuta da Claudio Giardiello, assemblea straordinaria dell'Anm al Tribunale di Milano. Per il presidente Rodolfo Sabelli "occorre richiamare tutti al diffuso rispetto verso la giustizia". L'omicida, che giovedì ha ucciso tre persone tra cui un giudice, verrà interrogato questa mattina nel carcere di Monza

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 11 aprile 2015

Anche i magistrati sanno che non c’è alcun rapporto diretto tra la follia omicida di Claudio Giardiello e quel malessere diffuso che gli uomini di legge hanno ugualmente voluto esprimere durante l’assemblea straordinaria dell’Anm di ieri mattina al Tribunale di Milano. Però quegli spari, i tre morti e quell’improvviso senso di vulnerabilità in uno dei luoghi più rappresentativi della politica italiana non possono non assumere una forte valenza simbolica, al di là del pur drammatico fatto di cronaca.

Da più di venti anni quel palazzo cerca di fare da filtro depuratore di una politica che sembrava sul punto di cambiare e invece non è cambiata. La storia, le cronache quotidiane, dicono che la battaglia è stata persa. Deve essere per questo che oggi i magistrati dicono di sentirsi abbandonati. Ovviamente, visto il dramma dell’altro giorno, anche per via della scarsa sicurezza dei luoghi dove lavorano. Sono amareggiati, parlano di clima sfavorevole. “I magistrati non possono essere lasciati soli, bisogna esprimere un sostegno concreto alla magistratura per il lavoro che fa per la giustizia del paese”, ha detto il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini.

L’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati si è aperta con un lunghissimo applauso per il giudice Fernando Ciampi e per le altre due vittime della strage, il socio in affari dell’omicida Giorgio Erba e il giovane avvocato Alberto Claris Appiani. Rodolfo Sabelli, presidente di Anm, è stato il più esplicito: “Siamo qui per chiedere rispetto”. Per Sabelli, questa strage “ha un valore simbolico, troppe tensioni e troppa rabbia si raccolgono sulla giustizia. Occorre richiamare tutti al diffuso rispetto verso la giustizia”. Il presidente dell’Anm ieri ha rilasciato diverse interviste per spiegare il perché di tanta amarezza. “Va respinta ogni forma di discredito della giurisdizione, un tema che molto opportunamente è stato richiamato dal capo dello Stato. Un discredito che viene da un dibattito che dura da decenni”. Laddove la politica è inadeguata, lascia intendere Sabelli, gli uomini di legge non possono certo fare da parafulmini: “Troppe tensioni si concentrano sulla giustizia e in un’epoca di crisi e di forti tensioni sociali magistrati e avvocati sono particolarmente esposti”.

L’Italia, infatti, è piena di uomini disperati come Claudio Giardiello che a torto o a ragione si sentono vittime di una qualche ingiustizia e non riescono più a gestire problemi di natura principalmente economica. Ancora ieri l’omicida avrebbe manifestato tutta la sua rabbia proprio contro i giudici: “Il tribunale mi ha rovinato, quel posto è l’origine di tutti i miei mali” (questa mattina verrà interrogato nel carcere di San Quirico Monza). Il pm gli contesterà l’omicidio plurimo premeditato.

Il problema esiste, un certo allarme sicurezza è giustificato, ma, come ha detto Giovanni Canzio, presidente della Corte d’appello di Milano, “noi non ci sentiamo una fortezza assediata, non vogliamo alzare ponti levatoi ma vogliamo continuare ad aprirci ai cittadini e a una cultura comune”. In un momento delicato come questo, Giovanni Canzio ha voluto sottolineare il compito delicato che tocca anche alla magistratura: “Noi abbiamo il dovere di svolgere alcune riflessioni più ampie riguardanti il rapporto tra la crisi dell’economia e la crisi della ragione che determina un carico di tensioni individuali e sociali”. Sono soli anche i cittadini, ha detto.

Messo a fuoco il problema, ne rimane un altro: è incredibile che un uomo armato possa entrare in un tribunale, uccidere e scappare. L’Anm adesso chiede un intervento specifico per la sicurezza di tutti i palazzi di giustizia d’Italia. “Non si può lasciare solo chi lavora nella giustizia – ha ribadito il presidente Rodolfo Sabelli – il fatto che queste persone siano state uccise mentre erano al servizio è un fatto grave che deve fare riflettere tutti”.

Ieri mattina il dispositivo di sicurezza a Palazzo di Giustizia è stato intensificato, ma senza nessun intervento particolarmente eclatante. Solo controlli più minuziosi e un po’ di coda agli ingressi laterali, dove ogni giorno entrano migliaia di persone. Le indagini sono ancora in corso, ma sembra che l’omicida sia entrato da via Manara senza esibire alcun tesserino. Qualche testa cadrà, ma il problema resterà. Spiega una guardia giurata della AllSystem: “Delle due l’una: o si trova il modo di far passare sotto il metal detector tutti quelli che entrano qui, magistrati, avvocati e personale amministrativo, oppure c’è il rischio che episodi come quello di ieri possano succedere ancora, perché i pazzi non sono prevedibili”.

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