Bacigalupo / Ballarin / Maroso / Grezar / Rigamonti / Castigliano / Menti / Loik / Gabetto / Mazzola /Ossola. Ha l’andamento cadenzato di una filastrocca per bambini la formazione della più grande squadra italiana di sempre, snocciolata dalla voce di Carosio. Il Grande Torino, gli invincibili. Cinque campionati consecutivi vinti nell’immediato dopoguerra, il record di 10 giocatori su 11 schierati in nazionale, capitan Mazzola che si arrotola del maniche, lo squillo di tromba in curva al Filadelfia. E infine lo schianto di Superga il 4 maggio, che consegnò l’intera vicenda a tutt’altra dimensione.

Da Superga sono passati 70 anni. Ma il tratto che unisce la più grande tragedia dello sport italiano al suo più grande carnevale è breve quanto può essere breve un mese di maggio passato per la strada attendendo di veder passare il Campionissimo. È il 10 giugno di quello stesso 1949. Coppi ha già vinto il Giro.

D’accordo, la maglia rosa è Leoni, ma Gino è già dietro e Fausto ha dalla sua una tappa di montagna e una cronometro per rimontare quel mezzo minuto scarso che lo divide dalla gloria. Cuneo-Pinerolo, 254 chilometri. Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro, Sestriere. Non si è nemmeno scollinato il primo monte che Bartali fora, e Coppi se ne va. Non lo rivedono più. Un gesto enorme perché gratuito e innecessario. Nasce il mito dell’uomo solo al comando. Il giorno successivo, sul palco di Torino, a premiare il Campionissmo c’è una bimba, che porge a Fausto un mazzo di gladioli. È la figlia di Loik, scomparso a Superga.

Se c’è tanto tempo per parlare del passato è perché nella Cuneo-Pinerolo apparecchiata oggi per il gruppo – con percorso meno duro rispetto a 70 anni fa – lo spettacolo è solo relativo. Nei primi chilometri di pianura vanno via addirittura in 25, seconde e terze linee.

Per non sbagliare, la squadra della maglia rosa manda via uno dei suoi, che è il meglio piazzato nella generale tra chi è in fuga. Il distacco dei big lievita presto a un quarto d’ora, né scema nell’arcigna ascesa del Montoso dalla quale si scollina ai meno 30 dall’arrivo. Si vedono solo punture di spillo, dalle quali traggono qualche secondo di vantaggio Landa e Lopez. La fuga via via si sbriciola, e sull’ultimo strappo tra le viuzze di Pinerolo si avvantaggiano Capecchi e Brambilla.
Non c’è però accordo, rientrano Dunbar, Caruso e Benedetti, che tra i vaffa in qua e là distribuiti da Capecchi indovina la volata della vita e trionfa a braccia alzate. Cambia l’affittuario della rosa, ora sulle spalle di Polanc. Da domani si dovrebbe cominciare a far sul serio.