Il governo si muove su un campo minato, a un passo dalla crisi
Giallo-bruni I 5 Stelle non intendono cedere alle condizioni di Salvini, ma ancora nessuno vuole fare la prima mossa per rompere l’alleanza. La procedura per debito incombe e la Ue contesta all’Italia anche 11 miliardi di deficit extra
Giallo-bruni I 5 Stelle non intendono cedere alle condizioni di Salvini, ma ancora nessuno vuole fare la prima mossa per rompere l’alleanza. La procedura per debito incombe e la Ue contesta all’Italia anche 11 miliardi di deficit extra
La crisi è letteralmente dietro l’angolo. Potrebbe esplodere da un momento all’altro, avviando una precipitosa corsa verso le elezioni anticipate. Ma nessuno vuole fare il passo fatale e nessuno ha ancora preso una vera decisione. I nodi che potrebbero strangolare la maggioranza gialloverde sono numerosi, dalla legge sulle autonomie alla Flat tax, dal decreto sicurezza alla riforma della giustizia, dalla Tav al caso del sottosegretario leghista Rixi, ove fosse nei prossimi giorni condannato. Salvini però esita, anche perché nel confronto con Bruxelles, che già si annuncia difficilissimo, disporre di una maggioranza che rappresenta oltre il 50% degli italiani è un’arma preziosa.
MA I 5S HANNO DECISO di puntare i piedi e non accettare senza resistere le condizioni imposte dal vincitore. La Lega non può transigere su punti dirimenti come la Tav o le autonomie. Salvare la situazione sembra una missione davvero impossibile. Ecco perché la maggioranza prende tempo. Il consiglio dei ministri, dal cui svolgimento si capirà lo stato reale delle cose, non è ancora stato convocato. Prima deve svolgersi il vertice di maggioranza, circondato a sua volte da una nebbia appena meno fitta. Forse oggi, forse domani.
Il leghista, come un fiume in fase di straripamento, inganna il tempo costellando la giornata di interviste, video e conferenze stampa. Conte, dopo un prolungato silenzio, ritrova la favella e la usa per confermare il talento naturale nel non dire niente. Di Maio invece tace. Al suo posto un M5S in stato di comprensibile confusione manda in avanscoperta Di Battista, quello che entra in gioco quando il gioco si fa duro. Ma solo per chiarire che almeno su un punto il Movimento non può transigere: se condannato, Rixi si dovrà dimettere. «C’è un contratto e va rispettato. Prevede che i componenti del governo condannati escano». Dibba aggiunge un passaggio bellicoso: «La Lega ha vinto ma una cosa sono le europee e un’altra i voti in parlamento». Si aggrega Toninelli, per chiarire che sulla Tav non è cambiato niente.
DAL TETTO DEL VIMINALE Salvini presenta la sua proposta di Flat tax: si applicherebbe alle imprese e ai redditi famigliari sino a 50mila euro. Costo: 30 miliardi. Con lo spread che oscilla tra 285 e 290 punti non sembra possibile che Bruxelles accetti. Salvini anticipa a muso duro: «Lo spread aumenta perché c’è chi tiene sotto scacco l’Italia. Ma il tempo delle letterine europee che mandavano i cattivi dietro la lavagna è finito». Quindi annuncia la richiesta di una conferenza europea «sul ruolo della Bce come garante della stabilità e del debito». Ma la risposta europea potrebbe essere molto più dura e soprattutto molto più immediata del previsto. Oggi la commissione valuterà il caso italiano e probabilmente verrà richiesta una manovra aggiuntiva. Lo scostamento dagli obiettivi concordati sarebbe massiccio: 11 miliardi. E la minaccia di una procedura per debito, di fatto il commissariamento dell’Italia, resta più che mai incombente.
La Flat tax non è la sola voce nell’elenco del vincitore, molto simile alle condizioni di pace imposte a un nemico vinto. Autonomie, Tav, dl sicurezza, riforma della giustizia. Ognuna di queste voci è una mina pronta a esplodere. Ma il ministro degli Interni assicura ancora di non avere «nessuna intenzione di andare al voto». Conte, prosegue, «ha la mia piena fiducia e il governo va avanti se tutti rispettano gli impegni presi come è stato nei primi 9 mesi».
CONTE, CHIAMATO in causa dal suo fiducioso vice, glissa su tutto. Nega, e ci mancherebbe altro, di essere ormai una marionetta nelle mani del leghista:«Ma no, è lui che fa parte della mia maggioranza». Aggira lo scoglio della riforma fiscale: «Non abbiamo ancora iniziato a discutere». Fa scena muta sul cdm, nel quale arriverà subito al pettine il nodo del dl sicurezza, sul quale, nella versione finale concordata con Mattarella, la Lega aveva ottenuto ampie garanzie prima del voto ma che ora è tornato in forse. Ancora prima potrebbe esplodere il caso Rixi, se il 30 maggio la sentenza sarà di condanna. Il capogruppo al Senato Romeo ha già annunciato che non si dimetterà. Proprio Salvini però frena: «La Lega commenta solo fatti». Di mezzo c’è infatti proprio quel contratto che il capo del Carroccio intende brandire per costringere gli alleati alla resa sui punti davvero rilevanti del suo pacchetto. Compito impossibile se a rompere il contratto negando le dimissioni di Rixi fosse lui.
MA DAL VERTICE e dal consiglio dei ministri Salvini si aspetta molto più del solo dl sicurezza. Vuole l’impegno a varare tutte le altre leggi che reclama in tempi molto celeri. Se i 5S non cederanno e il governo cadrà, vuole arrivare alle elezioni in settembre. Ma perché sia possibile la situazione deve essere definita entro un giugno che promette di essere bollente.
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