Renzi e Draghi, informano i beninformati, hanno stretto un patto per le riforme e si sono ripetuti a vicenda che tutto va benone, basta proseguire sulla strada coraggiosamente imboccata. E’ per dirsi tanto poco che si sarebbero visti in gran segreto, con tanto di elicottero planante in mezzo allo stadio locale. Il “patto” desta comprensibile tripudio fra gli osannanti a tempo pieno: da cosa effettivamente sia composto però è ignoto. Purché sia patto, tutto va benone.

Anche Renzi e Napolitano, comunicano i comunicatori, hanno siglato un patto, guarda caso anche questo “per le riforme”. Una cenetta in campagna, tanti reciproci complimenti, il presidente “in piena forma”, il giovanotto figurarsi, e giù col patto. Quando c’è quello, che altro può servire?
La stessa Forza Italia, che in fondo è il secondo partito di maggioranza anche se non si può dire ad alta voce, ma poco male, tanto è il segreto di Pulcinella, mira a chiudere un bel patto con don Matteo. Per l’economia e per l’Italia, va da sé. Nelle intenzioni degli azzurri, detto patto dovrebbe comprendere misure chiare e dettagliate, che la trasparenza ad Arcore è di casa. Tipo, tanto per citare la prima voce elencata ieri da Renato Brunetta: «Attacco al debito». Più preciso di così! La contropartita sarebbe per caso l’ingresso ufficiale nella maggioranza, essendo quella ufficiosa già passata agli atti? «Ma no!». Però, insomma, «in politica non si può escludere nulla» e comunque «se l’emergenza e il Paese lo chiedessero» Berlusconi è «sempre disponibile». Sempre in lode della trasparenza.

Angelino e i suoi ragazzi Ncd, gente spiccia e operativa, preferiscono passare direttamente alle clausole. La prima, intima caustico Sacconi, è l’eliminazione del solito art. 18: «Le chiacchiere stanno a zero. O si fa o no si fa, e se non si fa il governo pone le condizioni per il suo esaurimento». Le proposte in materia del Nuovo centrodestra saranno presentate nella direzione nazionale del partito, il 28 agosto. Renzi per ora continua a rispondere con la solita formula sibillina: «Niente battaglie di bandiera, ma revisione totale dello Statuto dei lavoratori». Alfano s’entusiasma: «E’ la strada giusta: già il 2 settembre la commissione Lavoro si riunisce per avviare la riscrittura dello Statuto».
Finché si tratta di articolo 18 il macabro balletto si svolge intorno a una bandiera stinta. Quando si allarga il raggio all’intero capitolo dei diritti la faccenda si fa più seria e infatti, come d’uopo nei patti del premier Renzi, sui contenuti nessuno fiata. Tranquilli, «non vogliamo eliminare le garanzie ma cambiarle», rasserena Renzi. Visti i precedenti, c’è da sentirsi sicuri più o meno come Enrico Letta quando il rottamatore lo prendeva a pacche sulle spalle esortando a metter via le infondate preoccupazioni.

Nel complesso, in questo primo agosto nell’era di Matteo, è difficile evitare la sensazione spiacevole e spiazzante di avere a che fare con due realtà diverse. La prima tiene fragorosamente banco. E’ fatta di potenti che colloquiano solo per complimentarsi a vicenda dello splendido lavoro fatto ed esortarsi a proseguire ratti sulla luminosa via. Della seconda, quella che riguarda le misure reali da adottare a breve per fronteggiare un quadro che di luminoso non ha nulla, si parla invece pochissimo. Trapelano solo voci, mezze parole, allusioni, che però indicano tutte la stessa inquietante direzione. Un condono edilizio che non diventerebbe meno ignobile dei precedenti perché firmato da un giovane toscano invece che da un attempato lombardo. Un intervento di spending review «pesante», attributo eufemistico che pare alludere a sforbiciate non sugli sprechi ma sulla spesa sociale propriamente detta, dunque in un modo o nell’altro sulle pensioni. Qualche ulteriore forma di tassazione sulla casa, tanto per non dimenticare le tradizioni. La privatizzazione di industrie pubbliche strategiche come l’Eni e l’Enel, che garantirebbe certo il consenso soddisfatto della troika ma equivarrebbe ancora una volta a vendersi il futuro in cambio di un po’ di cassa nel presente.

Forse le scelte saranno queste e forse no. Ma in ogni caso tutto autorizza a sospettare che si tratterà di misure fortemente emergenziali, come nel 2011. Forse, tra un brindisi e l’altro ai tanti “patti” siglati in alto loco, sarebbe utile informarsi e informare anche sul contenuto concreto degli stessi.