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Il governo cambia mappa

Il governo cambia mappa

Province Dopo la bocciatura della Consulta, l’esecutivo ci ritenta. Il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge costituzionale per cancellare le province. La parola sarà abolita dalla Carta

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 6 luglio 2013
C. L.ROMA

Come annunciato il governo ha varato ieri un disegno di legge costituzionale con il quale punta ad abolire completamente le province. E’ la strada scelta dopo che la Consulta ha bocciato il percorso indicato in precedenza dal governo Monti. Il testo verrà sottoposto ora alla Conferenza unificata, ma intanto ieri Enrico Letta ha sollecitato il parlamento ad approvarlo in tempi rapidi. «E’ un provvedimento molto forte perché interviene sulla Costituzione, il parlamento tenga contro dell’urgenza», ha detto il premier al termine del consiglio dei ministri. Ma contro il testo si sono già espressi sia il presidente dell’Upi Antonio Saitta, che i sindacati. «Gli italiani sanno perfettamente quali sono i servizi che le province garantiscono e su quello chiedono il conto – ha detto i primo -; non si faranno abbindolare dalla solita mossa della politica che annuncia che tutto cambierà per non risolvere nulla». Cgil, Cisl e Uil parlano invece di «colpo di mano» sulle riforme.
La telenovela delle province potrebbe essere arrivata alla fine, anche se non mancano i dubbi specialmente per quanto riguarda proprio i tempi di approvazione del ddl. Di sicuro c’è il fatto che questa volta il governo ha scelto di intervenire in maniera radicale cancellando ogni riferimento alle province presente nella Costituzione. In particolare si interviene sull’articolo 114, dove si dice che la Repubblica è formata da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, per poi proseguire cancellando i riferimenti presenti anche negli articoli 117, 118, 119 e 120, abrogando infine anche il secondo comma dell’articolo 132 e il primo comma del 133. Entro sei mesi dall’approvazione della legge le province non dovranno più esistere, mentre un disegno di legge provvederà alla divisione dei compiti oggi di loro competenza, molto probabilmente tra comuni e regioni.
«Il ddl costituzionale era la strada maestra da seguire», ha spiegato il ministro per la Pubblica amministrazione Giampiero D’Alia per il quale «cinque livelli territoriali di governo sono troppi e non rendono un buon servizio ai cittadini». Interventi ad hoc sono previsti invece per quanto riguarda le province in scadenza naturale.
Al di là dei tempi più o meno rapididel parlamento, sono ancora molte le domande in attesa di una risposta. A partire, ad esempio, dall’ammontare dell’effettivo risparmio ottenuto. Alcune stime parlano di un possibile risparmio compreso tra i 400 e i 500 milioni di euro, ma non esistono cifre sicure. Da non dimenticare poi che il grosso della spesa è dovuto al costo del personale, 57 mila dipendenti in attesa di conoscere il loro destino. Ieri Letta ha assicurato l’intenzione del governo di salvaguardare i posti di lavoro, come però è tutto da vedere. La strada più probabile è una divisione del personale tra regioni e comuni con il rischio – o meglio la quasi certezza – di creare però degli esuberi. Molto probabilmente i risparmi reali si avranno solo con la progressiva andata in pensione dei lavoratori.
Stessa cosa per quanto riguarda le funzioni. Capitolo tutt’altro che secondario visto che le province si occupano, tra l’altro, anche di settori fondamentali come il trasporto locale, la manutenzione di strade e scuole, cultura, tutela del territorio e dell’ambiente.
«Oggi abbiamo posto solo alcune premesse», ha spiegato il ministro per le Riforme Gaetano Quagliarello. «Bisognerà aspettare i termini della sentenza della Corte costituzionale, poi il ministro Delrio proporrà un intervento con una legge ordinaria».
Il governo incassa il via libera del presidente dell’Abi Antonio Patuelli, ma non mancano le critiche in arrivo dai direti interessati. Come quelle rivolte ieri al premier dal presidente della provincia di Salerno, Antonio Iannone: «Letta cerca di dare rassicurazioni su dipendenti e funzioni – ha detto – ma non spiega con quali modalità e risorse saranno tutelati e assicurati. Veramente una farsa che indigna. C’era tutto il tempo per fare una riforma seria e invece, anche questa volta, è stata servita l’Italietta».

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