Il godimento della libertà
Immaginari Una riflessione sulla sessualità e l’apertura verso la «varietà» a partire dalla serie «Sex Education»
Immaginari Una riflessione sulla sessualità e l’apertura verso la «varietà» a partire dalla serie «Sex Education»
Io non so come l’avrebbe presa Lyotard quando parlava di una condizione postmoderna affrancata dalle metanarrazioni (probabilmente se ne sarebbe compiaciuto), che declinate oggi, tanto più in Italia, suonerebbero semplicemente come Dio-patria-famiglia; o un Gadamer alle prese con le possibilità attuali dell’ermeneutica; o ancora Fisher con il suo «realismo capitalista»; fatto sta che proprio in seno ai processi di produzione e consumo (immediato, spesso compulsivo) dell’audiovisivo spunta ora un «prodotto» dal portato politico, etico, sociale davvero consistente, quale Sex Education, serie inglese prodotta e diffusa da Netflix.
E CIÒ, mi piace pensare, a dispetto dell’aria malsana che si respira in giro, quell’addensarsi progressivo della cappa cancerogena, oscurantista sotto cui si pascono i terrapiattisti, gli antivaccinisti, i maschilisti e razzisti della peggior specie, con punte di nazifascismo pecoreccio, pronti ad aggredire anche fisicamente donne in protesta contro patriarcati e discriminazioni.
Te li vedevi nell’afa artificiale di un salone tutto orientato verso un tavolo di relatori (sic.) e i loro tifosi in ottusa parata (i neon e il vento incandescente dei condizionatori a picco sui volti, poi nelle teste in sincope, in feroce essudazione), questi uomini bolsi e odoriferi sotto i colli alla dolcevita, là dove, nell’intimo, il puzzo di sudore si faceva largo tra la barriera di acqua di colonia eretta invano la mattina prima di uscire di casa azzimati, e a cui irrimediabilmente si mescolava generando un afrore di putredine, correlativo oggettivo del loro pensiero sul mondo; te li vedevi paonazzi, urlanti e nerboruti (ma di un nerbo in continuo e problematico raffronto con prostatiti e impotenze striscianti), scagliarsi contro la dialettica delle donne, in nome del frusto ritornello dio-patria-famiglia.
UNA TRIADE che Laurie Nunn (ideatrice della serie), Kate Herron e Ben Taylor (registi) declinano in totale, vitale apertura verso l’alterità, eliminando da subito anche il concetto di «diversità» in favore di quello di «varietà»: una vasta gamma di colori della pelle, orientamenti sessuali, di religioni, nuclei familiari, delle qualità o dei difetti fisici di cui sono portatori gli adolescenti che imperversano nell’istituto scolastico Moordale, microcosmo onnicomprensivo e rappresentativo delle problematiche della società contemporanea, mentre Chip Taylor & The New Ukrainians suonano Fuck All The Perfect People, sintesi perfetta dello spirito che anima questi otto episodi della prima stagione.
In effetti i ragazzi del Moordale sono tanto alacri nell’additare e deridere i difetti o le sproporzioni fisiche altrui – un membro enorme, una vagina dalle grandi labbra o i polpacci sottosviluppati di un ragazzone tutto bicipiti – quanto inclini a considerarli normali e anzi l’addentellato fondamentale per protendersi verso l’altro.
La questione dell’integrazione razziale e dell’identità sessuale è superata, anzi probabilmente non è mai esistita a Moordale: è intrinseca al pullulare di questa giovinezza variopinta, libera, che si mischia in completa, festosa promiscuità, copula alla prima occasione e ovunque (anche davanti a tutti, nel cortile della scuola), tra un Marchetti nero, presidente del corpo studentesco, i cui genitori sono due donne, una bianca, l’altra di colore; una elite di indiani, di cui uno elegantemente omosessuale; una coppia di lesbiche formata da una ragazza pallida e lentigginosa (lesta poi nel fornicare con una corpulenta studentessa nera) e dalla sua compagna dai tratti orientali; Erik, di genitori africani, omosessuale eccessivo nel vestirsi e nei travestimenti, ma che proprio travestendosi e truccandosi, con smalti, turbanti appariscenti, orecchini penduli, ecc., va incontro fieramente ai costumi delle sue origini, facendovi coincidere femminilità ed etnologia; un idraulico danese, biondo, possente, con una figlia smilza, di colore, a cui piace vestire abiti maschili. Insomma una pratica della mistione elevata a sistema, una filosofia del meticciato che investe questo ecosistema circoscritto, delimitato nettamente da una schiera di prefabbricati tra i campi e un ponte da attraversare ogni giorno per accedere agli spazi topici della scuola, agli spazi della sperimentazione, dell’esperienza in fieri dell’interrelazione, tra sesso spinto ed emotività.
Tutta la serie è scuola, è questo spazio programmatico di didattica che presenta tutto il repertorio di criticità del contemporaneo: casi di bullismo e cyberbullismo, omofobia (ma solo quando si esce dall’eremo di Moordale), di estrema precarietà economica a fianco alla borghesia più opulenta, di incomunicabilità tra padri e figli e così via.
MA SONO CASI che si possono risolvere entro il tessuto delle interrelazioni: anche un aborto, mostrato sulla scorta di una clinica in cui una minorenne può recarsi senza perdere la propria dignità, trovandovi anzi solidarietà eppure scontando il proprio dramma, mentre fuori due strambi, maldestri ragazzi cristiani gridano all’omicidio. È da questi exempla – comprendenti anche istruzioni sulla fellatio, sul rimming, sulla masturbazione ecc. – che si snodano narrazioni tra commedia e dramma, avendo ormai introiettato e rielaborato gli schemi del teen movie: perciò capita che a una festa ci si eserciti sulla fellatio con delle banane, salvo poi quasi soffocarne e avviare una reazione a catena in cui ognuno vomita sull’altro (ma senza che nessuno ne faccia chissà quale tragedia); o che un nerd in acne, tutto stipato nel suo banco, chieda consiglio nel mezzo di una lezione dicendo «io credo di essere dipendente dalle seghe: me ne sto facendo una anche adesso».
E ALLO STESSO TEMPO, mentre la colonna sonora si dispiega – da Beth Ditto ad Anne Peebles, a Billy Idol, Ezra Furman e molti altri – in assonanza con le situazioni, come nel caso di Asleep degli Smiths che sembra farsi anestesia della sala operatoria; si sviluppano storie d’amore, piccoli drammi: c’è chi riesce a tamponare la propria povertà inventandosi consulenze sessuali a pagamento, e addirittura quello che era stato spietato bullismo a un tratto si trasforma in amore, omosessuale, interrazziale, struggente. Il sesso allora è strumento privilegiato, proprio politico, dell’appressarsi all’altro, esigenza inalienabile, l’altro, da parte dell’individuo: perché evidentemente si gode dell’avvicinamento altrui; si gode cioè contemplando e praticando l’alterità.
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