Il giudice del Qatargate si candida in Belgio
È stato a lungo il principale inquirente del cosiddetto Qatargate, lo scandalo di presunta corruzione in cambio di favori politici da parte di Paesi come Qatar e Marocco scoppiato nel dicembre 2022 che ha scosso l’Europarlamento per mesi. Michel Claise, l’ex magistrato ormai prossimo alla pensione, che in Italia qualcuno aveva anche paragonato ad Antonio Di Pietro dei tempi di Tangentopoli, tenta l’avventura politica come parlamentare federale belga, candidandosi alle elezioni nazionali che si terranno il prossimo 9 giugno, in concomitanza con le europee.
L’annuncio è arrivato durante una conferenza di presentazione ieri mattina a Bruxelles. L’ex procuratore capo, 68 anni e una lunga carriera di inchieste su reati finanziari, sarà terzo in lista del partito DéFI dopo il suo leader Francois De Smet e la deputata Sophie Rohonyi, entrambi parlamentari nazionali uscenti. Una posizione non certo blindata, la sua, tra i candidati di DéFi, sigla che sta per Démocrate federaliste indépendant, una piccola formazione francofona di ispirazione social-liberale e laica.
La discesa in campo non è stata un fulmine a ciel sereno. Già nei mesi scorsi, il grande accusatore del Qatargate, aveva anticipato ai media un manifesto politico incentrato sulle sue priorità, tra le quali la creazione di un’autorità anticorruzione in Belgio e soprattutto maggiori finanziamenti per la magistratura e le forze di polizia.
Ma l’acronimo DéFi in francese suona anche come l’equivalente della parola “sfida”. E di questo si tratta, per Claise, che si è trovato improvvisamente estromesso dall’inchiesta che lui stesso aveva avviato. Lo scorso giugno, Claise si è dimesso dopo essere stato accusato di conflitto di interessi dall’avvocato di uno degli indagati, l’eurodeputato socialista Marc Tarabella.
Nel corso dell’inchiesta Qatargate sono stati coinvolti diversi politici: socialisti, in larga parte italiani o legati all’Italia. Tutto era iniziato con gli arresti dell’allora vicepresidente dell’Eurocamera, la greca Eva Kaili e il suo compagno Francesco Giorgi, dell’ex eurodeputato Antonio Panzeri – considerato il dominus dei casi di presunta corruzione – e in un secondo momento del già citato Tarabella e dell’europarlamentare Pd Andrea Cozzolino. Al momento però l’inchiesta non ha portato a nessuna incriminazione e anzi proprio l’allora procuratore è finito sul banco degli imputati per i metodi a dir poco decisi e le scarse garanzie nei confronti degli indagati, sottoposti a lunghi periodi di carcerazione preventiva.
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