Jerusalem day senza Trump, ma è il trionfo di Netanyahu
Gerusalemme Oggi migliaia di israeliani sfileranno in corteo per affermare il controllo su tutta Gerusalemme alla vigilia delle celebrazioni per il trasferimento dell'ambasciata Usa nella città santa. Scioperi e raduni dei palestinesi. Le proteste più imponenti sono previste a Gaza domani e martedì
Gerusalemme Oggi migliaia di israeliani sfileranno in corteo per affermare il controllo su tutta Gerusalemme alla vigilia delle celebrazioni per il trasferimento dell'ambasciata Usa nella città santa. Scioperi e raduni dei palestinesi. Le proteste più imponenti sono previste a Gaza domani e martedì
Celebrazioni così sontuose forse Israele non le aveva organizzate neppure dopo aver occupato nel 1967 la zona Est, araba, di Gerusalemme e preso il controllo di tutta la città. L’euforia è alle stelle tra gli israeliani per il trasferimento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Tra i palestinesi invece crescono rabbia e frustrazione per un passo che viola le risoluzioni internazionali proprio come il riconoscimen0to di Gerusalemme come capitale di Israele fatto da Donald Trump il 6 dicembre. Il ”Giorno di Gerusalemme” – che cade oggi secondo il calendario ebraico – è la vigilia perfetta, spiegano gli ultranazionalisti, del 14 maggio del 70esimo anniversario della proclamazione dello Stato di Israele. E domani l’inviato Usa in Medio oriente Jared Kushner, la moglie Ivanka Trump, l’ambasciatore finanziatore del movimento dei coloni David Friedman e centinaia di rappresentanti dell’Amministrazione, del Congresso e di altre istituzioni e organizzazioni americane, parteciperanno alla cerimonia di apertura dell’ambasciata statunitense ad Arnona, alla periferia meridionale di Gerusalemme. Assieme a loro ci saranno il premier Benyamin Netanyahu, il capo dello stato Reuven Rivlin, ministri, parlamentari e personalità politiche per celebrare quella che in Israele ritengono una ”vittoria” di eccezionale importanza.
A breve distanza i palestinesi, molti dei quali giungeranno dalla Galilea, tenteranno di far sentire la loro protesta. Tenteranno perché il dispiegamento delle forze di polizia sarà enorme in tutta Gerusalemme. «Abbiamo deciso di tenere la manifestazione nello stesso luogo e nello stesso momento delle celebrazioni israeliane – spiega Mohammed Barakeh, dell’Alto Comitato di Direzione della minoranza araba in Israele – intendiamo alzare la voce contro la politica statunitense di sostegno all’occupazione israeliana e agli insediamenti coloniali che punta ad uccidere ogni possibilità di creare uno Stato palestinese indipendente e sovrano sui confini del 1967 con Gerusalemme come sua capitale». Raduni si annunciano per domani anche in Cisgiordania, in particolare a Ramallah. Le manifestazioni più imponenti si prevedono a Gaza dove domani e martedì 15 maggio, nel 70esimo anniversario della Nakba, decine di migliaia di palestinesi – si dice oltre 100mila – arriveranno nella fascia orientale di Gaza a poche centinaia di metri di distanza dalle barriere di demarcazione con Israele. L’esercito israeliano sta facendo affluire rinforzi di uomini e mezzi corazzati lungo le linee con Gaza ed è forte il timore che i tiratori scelti, ripetendo quanto avvenuto nelle ultime settimane durante la “Grande Marcia del Ritorno”, aprano di nuovo il fuoco sui dimostranti che si avvicineranno o proveranno a superare le recinzioni. E il bilancio di sangue di oltre 50 morti e di migliaia di feriti registrato sino ad oggi potrebbe lievitare a cifre drammatiche. Ieri Israele ha bombardato il nord di Gaza – un presunto tunnel sotterraneo – poche ore dopo la chiusura del valico commerciale di Kerem Shalom danneggiato dai palestinesi durante le ultime proteste.
Marce contro il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme si prevedono anche in vari Paesi arabi ed islamici. Gli Usa sono consapevoli che la loro mossa a Gerusalemme aggrava le tensioni in Medio Oriente e per questo, riferiva ieri la Cnn, stanno inviando contigenti di marines a protezione delle sedi diplomatiche in diversi Paesi della regione.
L’Unione europea riafferma la sua opposizione al trasferimento delle ambasciate a Gerusalemme ma all’appuntamento di domani non pare arrivare con una posizione condivida da tutti i Paesi membri. Secondo le indiscrezioni la repubblica Ceca, l’Ungheria e la Romania – alleate di Israele – hanno impedito l’adozione di un documento comune che riaffermava lo status di Gerusalemme come città internazionale.
Sui poster apparsi in questi giorni nelle strade della Gerusalemme ebraica (ovest) domina un’esortazione: “Trump rendi grande Israele”. E il presidente americano non si tira indietro ma sta rendendo ”grande” soprattutto Netanyahu . Il primo ministro israeliano sta vivendo – grazie alla sua linea del pugno di ferro contro Iran, Siria e Palestinesi appoggiata dalla Casa Bianca – un momento di popolarità senza precedenti. I sondaggi danno il suo partito, il Likud, in forte crescita e il 69% degli israeliani approva con entusiasmo la sua politica. Delle tre inchieste giudiziarie che lo vedono coinvolto per truffa e corruzione non parla e scrive più nessuno da settimane.
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