Il gioioso ritmo delle lettere
Intervista L'artista, grafica e illustratrice Marion Bataille racconta la sua mostra bolognese «Enciclopodia.Un giro a piedi di casa Carducci»
Intervista L'artista, grafica e illustratrice Marion Bataille racconta la sua mostra bolognese «Enciclopodia.Un giro a piedi di casa Carducci»
La casa dove Carducci visse gli ultimi diciassette anni della sua vita – fino al 1907 – divenne monumento nazionale quando fu acquistata da Margherita di Savoia (che già durante la malattia del poeta, in ristrettezze economiche, aveva rilevato biblioteca e documenti d’archivio) e poi donata alla città di Bologna. Abitata dalla famiglia fino al sorgere del XX secolo, divenuta luogo museale cento anni fa, la dimora torna oggi a nuova vita – sgargiante e «ritmica»- con l’installazione dell’artista, grafica e illustratrice Marion Bataille (Parigi, 1963), i cui libri in Italia sono pubblicati da Corraini.
Con la mostra bolognese Enciclopodia.Un giro a piedi di casa Carducci (visitabile fino al 12 settembre, progetto a cura di Casa Carducci, Hamelin Associazione Culturale, Biblioteca Salaborsa Ragazzi, in collaborazione con Fabriano) Bataille ha riportato in scena i fantasmi di quella storica dimora: non soltanto i loro corpi, ma la fisicità stessa della scrittura.
Ci può spiegare il progetto «Enciclopodia»?
Il mio intento principale era mostrare un metodo di lavoro: quello di un poeta abituato a comporre passeggiando. Carducci declamava ad alta voce, al ritmo dei suoi passi e a quello degli abitanti della casa. Nell’installazione presento le sue poesie che fuoriescono dai libri dalla biblioteca, come fossero parole sospese, in attesa di essere pronunciate dai visitatori.
Il carattere tipografico del componimento scritto in nero su bianco, le lettere accentate specifiche dell’italiano in rosso, il ritmo della poesia stessa scandito da segni gialli: tutto ciò forma una partitura che ognuno può interpretare liberamente, muovendosi all’interno della casa. Le lettere sono state ritagliate nella carta da cinque artisti dell’Accademia di belle arti di Bologna. Hanno lavorato come un tempo facevano i monaci copisti, prima della stampa e questo procedimento ha creato l’illusione di una scrittura manuale, nonostante lo strumento usato: un paio di forbici. Poi ci sono Giosuè ed Elvira, adagiati sui rispettivi letti come fossero libri pop up. Infine, le iniziali di tre enormi lettere: «C G C» corrispondono al disegno della facciata di Casa Carducci.
Quali sensazioni ha provato nel «ricostruire» il luogo della quotidianità del poeta?
La prima impressione che ho avuto è che Carducci fosse poco presente negli oggetti della sua abitazione, semplicemente perché noi visitatori di oggi non lo abbiamo potuto mai osservare mentre li maneggiava e ora non possiamo toccarli. O, nel caso dei volumi della sua biblioteca, non possiamo leggerli. La casa è in penombra perché i raggi ultravioletti danneggiano la carta e il cuoio. Si respira nelle stanze una grande deferenza per la sua figura che rende ancora più inavvicinabile il personaggio e io, oltretutto, non ho neanche accesso alla sua lingua.
Il titolo Enciclopodia rimanda al fatto che non potendo compiere «un giro di conoscenza» intorno a Carducci, come appunto fa un’enciclopedia, si può provare a vagabondare per la casa declamando la sua poesia: anche questo è un modo per appropriarsene. Ho cercato di introdurre il poeta lasciando immaginare alle persone che anche lui avesse un corpo. E che quel corpo lo utilizzava per lavorare. Ho voluto rendere fisicamente leggibile la sua poesia e la metrica, mettendo in evidenza alcuni oggetti che completassero la consueta visita della dimora.
Come è entrata in relazione con Carducci senza conoscerne la lingua?
Il primo approccio con lo scrittore si è materializzato attraverso le persone che mostrano la casa: conoscevano a memoria i versi di San Martino, la rima della sua poesia, gli accenti della lingua. Sono particolari a cui siamo sensibili: il significato delle parole non è necessariamente l’essenza della poesia… Tre anni fa, mi sono imbattuta in Carducci recitato da Bruno Tognolini e Giusi Quarenghi. Poi è nato il progetto con Hamelin. La Biblioteca della Salaborsa mi ha fornito le informazioni necessarie sulla metrica italiana, sull’autore e i suoi luoghi. Anche sui maestri di scrittura, la famiglia, gli amici.
È facile avvicinare i più piccoli alla lettura della poesia?
Non so dire se sia facile o meno, perché non esiste un risultato tangibile, ma ci provo… Con Hamelin abbiamo proposto alcuni workshop. Uno si basa sulla forma delle lettere che possiamo ritrovare nei versi carducciani e ha dato origine ai laboratori tipografici. Durante questi workshop, realizzeremo uno strumento a percussione in carta e reciteremo ad alta voce la poesia di Carducci, passeggiando come facevano gli antichi greci e latini. Un filmato in stop-motion in carta ritagliata, organizzato dalla Cineteca Summer Camp di Bologna, animerà i versi di San Martino, che si presta particolarmente bene a questa trasposizione.
Nei cortili delle scuole s’intrecciano sempre le filastrocche e i bambini ripetono rime per saltare con la corda, correre, giocare. Credo che anche per chi non ne legga, la poesia – un po’ come la danza e la musica – è qualcosa che risponde al ritmo del cuore. Raccontando ai bambini la poesia, rispondiamo a una loro esigenza offrendo combinazioni di ritmi e suoni.
Lei inventa nuovi mondi dedicati all’infanzia attraverso le lettere dell’alfabeto, il loro ritmo, colore, forma….
Le lettere nascono già animate nella lingua grazie agli accenti, ai suoni delle variazioni. In strada ci sono insegne, le pubblicità sono sui camion, sugli imballaggi alimentari: le parole sono animate da artifici che restituiscono qualcosa di esistente come meglio possono.
Può indicare qualche fonte di ispirazione per il suo lavoro?
È una domanda dalla risposta impossibile. Attingiamo a qualsiasi risorsa, ci nutriamo di tutto e si forma un magma in cui le cose senza nome e le incognite sono importanti quanto ciò che ricordiamo o possiamo nominare. Mi piace molto il lavoro del Bauhaus. E anche quello di Isidore Isou, Edouardo Paolozzi, Len Lye, Alighiero Boetti, Roland Barthes e Gaston Bachelard, Bruno Munari.
Quale idea educativa considera fondamentale come base per i suoi libri pop up?
Non c’è nessuna intenzione pedagogica nei miei libri. Preferisco che siano esperienze. Anche se in questa mostra un intento didattico lo si può trovare. Le forme e i colori, la composizione grafica sono informazioni utili per memorizzare la costruzione delle lettere.
SCHEDA
Bande de Femmes», il Festival di fumetto e illustrazione della libreria Tuba, giunto alla sua ottava edizione, torna in veste estiva: arte, generi, femminismi e cultura di nuovo nelle strade del Pigneto, a Roma. Interamente all’aperto e in presenza, propone 24 eventi tra presentazioni di libri, interviste e performance. Tante le fumettiste, nazionali ed internazionali, che parteciperanno: FumettiBrutti, Laura Scarpa, Léonie Bischoff, Lee Lai, Mara Cerri, Mariachiara Di Giorgio, Anke Feuchtenberger, Nova, Mirion Malle. Dopo varie anteprime, il 28 si aprirà la rassegna ufficialmente, con l’esplorazione di oggetti grafici non identificati. Il 30 sarà la volta della «Notte a colori», percorso negli spazi culturali del quartiere, mentre la giornata conclusiva si aprirà con un atelier di disegno dedicato alle Guerrigliere Femministe guidato dalla performer e ricercatrice Rachele Borghi. La manifestazione si articola in spazi creativi ed esplorativi, quali: Bio/grafiche, dedicato all’auto-narrazione a fumetti; Matite fuori dai cardini, sui femminismi a fumetti; Dialoghi d’autrici, presentazione di un fumetto in forma di conversazione; «Nadia-un mistero a Hollywood» uscito a puntate tra il 1946 e il 1947 per le Edizioni Ventura sceneggiato da Arutnev (pseudonimo di Giulio Cesare Ventura) e illustrato da Lina Buffolente sarà presentato da Laura Scarpa da Tuba al Bande de Femmes venerdì 2 luglio.
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