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Il gioco a nascondino geopolitico sul Tap

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Il caso del gasdotto Tap, che sta scuotendo Cinquestelle, governo e opposizione, è un mistero che si può risolvere con una telefonata alla Snam. Gli italiani sono azionisti del gasdotto, […]

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 30 ottobre 2018

Il caso del gasdotto Tap, che sta scuotendo Cinquestelle, governo e opposizione, è un mistero che si può risolvere con una telefonata alla Snam. Gli italiani sono azionisti del gasdotto, visto che Snam è una controllata di Cassa depositi e prestiti.

Anche se questo non può certamente tranquillizzare la popolazione salentina interessata da un tubo che ha soltanto un metro e venti di diametro ma con molti risvolti locali, nazionali e di geopolitica.

Il Tap è uno dei capitoli più scottanti della «guerra dei tubi» – accompagnata da guerre vere – che coinvolge da anni Europa, Usa, Russia, Mediterraneo, Medio Oriente, Caucaso e le vie di rifornimento energetico.

Ogni metro di tubo trasporta con il gas una goccia di sangue e di soldi.

Il consorzio Tap (Trans Adriatic Pipeline) ha la propria sede centrale a Baar, in Svizzera.

Se dovessero esserci dei contenziosi ci si può sempre rivolgere alla Swiss Chamber, che da sempre svolge funzione arbitrale il cui regolamento è stato messo a punto da una commissione guidata dal professore Guido Alpa, il méntore accademico del premier Giuseppe Conte.

Non si può dire che su questo fronte siamo scoperti. Ma non c’è bisogno di andare per avvocati per scoprire un progetto di gasdotto che vede l’Italia coinvolta a livello istituzionale.

In realtà il premier Conte entra direttamente nella questione Tap per un altro motivo, ben più significativo degli arbitrati: a luglio durante la sua visita a Trump negli Stati Uniti ha impegnato il governo a realizzare il gasdotto, che aggira la Russia, in cambio dell’appoggio Usa alla conferenza sulla Libia del 12 novembre a Palermo.

Insomma si tratta di una partita geopolitica di primo piano che riguarda la «protezione» americana a questo esecutivo. Gli Stati Uniti, tanto meno quelli di Trump, non danno niente gratis.

Gli azionisti del progetto Tap sono l’italiana Snam (20%), l’inglese BP (20%) l’azera SOCAR (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagás (16%), la svizzera Axpo (5%).

Il Tap trasporterà dall’Azerbaijan dal giacimento di Shah Deniz nel Caspio circa 10 miliardi di metri cubi all’anno di gas naturale.

Quanto incide il Tap sui consumi italiani? Nel 2017 sono stati consumati da noi 75,1 miliardi metri cubi, l’80% è gas di importazione proveniente da Russia, Algeria, Libia, Olanda e Norvegia.

L’interrogativo cui non è stata data ancora una risposta chiara è se i 10 miliardi di metri cubi di gas trasportati inizialmente dal Tap verranno «tutti» in Italia o in parte resteranno in Turchia o saranno convogliati nei Balcani e nell’Est Europa.

L’impatto sarà maggiore negli anni a venire quando la portata verrà aumentata a 20 miliardi di metri cubi.

Eventuali penali riguardano gli azionisti del Tap e le aziende coinvolte nella sua realizzazione, pure sui costi di fornitura sono loro a dare delle indicazioni.

Siccome la Snam italiana, controllata da Cassa depositi e prestiti, è azionista principale del consorzio alla pari con l’inglese Bp e l’azera Socar non dovrebbe essere difficile capire sia i costi di fornitura che eventuali penali in caso di mancata realizzazione del progetto Tap.

In poche parole gli italiani sono azionisti del Tap: se non sappiamo quanto costa, qual è il prezzo del gas e quali sono le penali questo significa che in questo Paese la mano destra non sa cosa fa la sinistra.

Oppure qualcuno, e più di uno, ci sta giocando sopra.

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