Visioni

Il folk di ricerca salvato dai ragazzi

Il folk di ricerca salvato dai ragazziElena Ledda – foto Pierluigi Manca

Musica Al Festival di Loano, che si conclude oggi, il premio al miglior album è andato a Elena Ledda per «Làntias»

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 luglio 2018

Le musiche di qualità in Italia fanno fatica a sopravvivere. L’onda perversa di un click e via per quindici secondi di ascolto distratto su un telefonino non risparmia nessuno. Ecco perché certe realtà sono davvero eroiche, a cercare di presidiare zone culturali a rischio scomparsa, o, peggio ancora, a seria minaccia di strumentalizzazione. Ad esempio «musica folk» e «tradizione». Nulla di più facile che questi termini finiscano sotto le zanne affilate dei sovranisti, quando invece il significato vero rimanda a storia concreta, memoria orale di chi non ha avuto memoria scritta, raffinatezza di soluzioni espressive.

Il festival di Loano da quattordici anni cerca di testimoniare il folk «progressivo» e «tradizionale» in Italia con concerti, una premiazione complessa, e molti incontri di approfondimento. Da quest’anno il direttore artistico è Jacopo Tomatis, giornalista, musicista, musicologo, sottotitolo del Festival scelto : riGenerazioni, la musica popolare del futuro. «La ’tradizione’ non è un oggetto che viene tramandato, ma una serie di istruzioni, di stili, di modi di pensare che passa dai genitori ai figli, si ri-genera di generazione in generazione appunto. Il tema dell’edizione 2018 che si chiude oggi, è questo: dai Trouveur Valdotèn, gruppo «di famiglia» in cui suonano i genitori e i due figli, al Canzoniere Grecanico Salentino, in cui i ’vecchi’ hanno passato il testimone alle nuove generazioni».

Quali novità hai introdotto nel Festival? «La novità è stata la nascita del Premio Giovani e di una serata dedicata: la giuria del Loano, composta da oltre 60 giornalisti specializzati, ha scelto il disco La muta vita dei bolognesi Le lame da barba, sul palco stasera insieme ai giovanissimi piemontesi Saber Système. Il Premio al miglior disco è andato a Elena Ledda per il fantastico Làntias, mentre come organizzazione abbiamo premiato Gastone Pietrucci e La Macina, nell’anno del cinquantesimo dalla fondazione, con il Premio alla carriera. Il Premio alla Realtà Culturale è andato invece ai Trouveur Valdotèn.»

Il pubblico del Festiva di Loano è «selettivo» a priori ma ospita anche persone che scoprono per la prima volta l’esistenza di musiche poco diffuse dai media tradizionali: «C’è un pubblico di appassionati che si muove appositamente e c’è un pubblico attento di turisti e villeggianti che è cresciuto negli anni grazie al lavoro fatto dalla Compagnia dei Curiosi, che organizza il Premio, e dall’ex direttore artistico John Vignola. Gente che magari non segue il folk, ma che per cinque giorni all’anno compra i dischi dei musicisti e non si perde un concerto».

Sul palco Loguercio e D’Alessandro, entrambi vincitori della Targa Tenco, sembrano come mondi che si parlano: «Certamente, anche se l’attenzione del Premio Loano non è in particolare sulla canzone in dialetto, ma piuttosto sull’uso di materiali musicali, di stili, di strumenti che vengono dal mondo delle musiche popolari. Il duo Loguercio-D’Alessandro è molto interessante in questo senso: Loguercio è un eccellente autore di testi in un napoletano tutto suo, ma suona con uno dei ’giovani turchi’ dell’organetto diatonico oggi in Italia…». Ci sono ancora giovani musicisti in Italia a tener viva la tradizione del folk di ricerca: « E molti più di quelli che si pensi: la seconda generazione del folk italiano – quella di Riccardo Tesi, di Elena Ledda – si è prodigata a insegnare, e ha disseminato allievi che sono a loro volta diventati maestri».

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