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Il filo democratico che lega i temi d’esame

Il filo democratico che lega i temi d’esame

Scuola Il possesso pieno del sapere è strumento essenziale di uguaglianza e di crescita, dei singoli e del Paese. Gli anticorpi contro la cattiveria, l’arroganza e la violenza

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 21 giugno 2018

In un momento in cui “pietà l’è morta”, le tracce delle prove d’esame propongono, meritoriamente, una forte attenzione ai temi della democrazia, della non discriminazione, dei diritti, del principio di uguaglianza della Costituzione.

Sembra chiudere in bellezza l’ultimo esame di Stato prima della sua riforma. Dal 2019, su input della ministra Fedeli, non ci sarà il terzo scritto, il «quizzone», e neppure la tesina, sostituita da un colloquio, per accertare «competenze, capacità argomentativa e critica e l’esposizione delle attività svolte in alternanza scuola-lavoro». Sarà previsto l’obbligo di aver partecipato alle prove Invalsi (non influiranno sul voto finale) per essere ammessi.

Gli esami di stato sono, per un Paese abbastanza disinteressato alla sua scuola, un momento in cui si accendono i riflettori. Anzi, questo interesse è cominciato da qualche settimana, a partire dall’idea che l’esame di Stato non serva, visto che non sempre buoni risultati coincidono con quelli delle prove di ammissione all’Università. Questa tesi mi sembra sbagliata. Dal momento che non tutti i diplomati vanno all’università. Ed anche perché questo esame è la conclusione di un percorso, importante verso l’età adulta.
Molto belle le tracce nell’ambito artistico letterario, sui diversi volti della solitudine nell’arte e nella letteratura, dove finalmente appare anche Alda Merini.

Nell’analisi del testo letterario viene proposto un brano tratto da Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani, importante, elegante e riservato scrittore ferrarese. E si chiede agli alunni di approfondire il tema dell’antisemitismo, anche con riferimenti a opere di altri autori conosciuti, o di riflettere sul tema più generale della discriminazione e dell’emarginazione.

Interessante, nelll’ambito storico-politico, il tema “Masse e propaganda”, con i brani di Giulio M.Chiodi e di Andrea Baravelli. Nel testo di quest’ultimo si legge: «La figura del nemico ha sempre rappresentato un elemento indispensabile per il buon funzionamento dei sistemi di propaganda (…) E l’esperienza degli ultimi anni pare svolgersi nel segno della continuità (…) Nella società contemporanea l’uso della categoria del nemico rimane indispensabile poiché fornisce una chiave ai fini della ricomposizione di una realtà frammentata e apparentemente incongruente».
E se ci riflettessimo tutti?

Il tema di argomento storico ragiona sul fatto che, nel secondo dopoguerra in Italia, come nel resto d’Europa, emerge una forte esigenza di stabilità politica, della quale furono grandi sostenitori Alcide De Gasperi e Aldo Moro nel discorso alla Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (1975): «Occorre immettere, in un processo di necessaria ricostruzione di stabilità politica, al di là delle pur necessarie intese tra governi, l’esaltazione degli ideali di libertà e giustizia, una sempre più efficace tutela dei diritti umani, (…) un arricchimento dei popoli in forza di una migliore conoscenza reciproca,(…) di una sempre più vasta circolazione delle idee e delle informazioni». Principi rispetto ai quali penso che, oggi, nessuno possa e debba fare un passo indietro.

E, infine, la traccia di ordine generale sull’articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge. Senza distinzione di sesso, razza, religione…». Non solo l’enunciazione di un principio, ma, nel secondo comma, il compito della repubblica di rimuovere gli ostacoli per una eguaglianza sostanziale. Quel secondo comma sempre ricordato da Tullio De Mauro, come funzione fondamentale della scuola di tutte e tutti. Perché proprio nel sapere e nella cultura ci sono gli anticorpi contro la cattiveria, l’arroganza, e ogni forma di latente o esplicita violenza.

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