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Il federalismo dei treni visto da un Passante

Il federalismo dei treni visto da un Passante

Habemus Corpus Ti rendi conto di essere un privilegiato quando per tre giorni prendi il passante ferroviario a Milano e pensi che per fortuna non sei costretto a salirci ogni mattina, soprattutto nelle ore di punta

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 8 ottobre 2024

Ti rendi conto di essere un privilegiato quando per tre giorni prendi il passante ferroviario a Milano e pensi che per fortuna non sei costretto a salirci ogni mattina, soprattutto nelle ore di punta. La settimana scorsa è piovuto molto a Milano, è una cosa prevedibile al nord quando arriva l’autunno. Scendo nel sottopassaggio ovest della stazione Garibaldi, quello che non è costeggiato da negozi e bar, quindi meno cool, e appena imbocco il grande corridoio sotterraneo devo circumnavigare i primi due piloni alla base dei quali si è formato un lago.

Da dove viene quell’acqua? Dalla strada? Dal soffitto? Sale dal basso? Se si trova dell’acqua in una galleria vuol dire che qualcosa non funziona nei drenaggi, nell’isolamento, nel progetto di accesso. E se ogni volta che piove accade questa cosa, significa che nessuno fa niente per eliminare la causa e che non ci hanno pensato nemmeno quando rinnovarono questo spazio dieci anni fa, in vista dell’Expo. Giunta incolume al binario del treno, in ritardo di dieci minuti, salgo sapendo che mi aspetteranno sorprese. A parte i ritardi e le soppressioni, i treni del passante ferroviario di Milano hanno da sempre due o tre problemi che sarebbero di facile soluzione se chi gestisce la rete la usasse, ogni tanto.

PROBLEMA numero uno. A differenza delle linee della metropolitana, qui il nome delle stazioni non si vede perché non è illuminato. Dai finestrini sporchi intuisci che si arriva a qualcosa, ma non sai a cosa. Se hai perso il conto delle fermate, o chiedi ai vicini o ti sporgi dalla porta quando si apre e quindi è tutto un vai e vieni. Problema numero due. Ormai su tutti i mezzi c’è una voce che annuncia le fermate. E’ un sistema molto utile. Chissà perché, sui treni del passante di Milano questa cosa va a birillo, a volte c’è, più spesso non c’è, a volte capita che ti annuncino la stazione sbagliata tipo, come è successo a me, che stai per arrivare a Porta Venezia e ti dicono che sei quasi a Cesate, vale a dire dalla parte e nella direzione opposta del treno. Allora alla prima fermata ti affacci e scopri che l’errore è dell’annunciatrice che prontamente si corregge dicendo che stai per arrivare nella stazione che hai appena lasciato.

Problema numero tre. I monitor che ti informano dove sei ci sono, ma la maggior parte delle volte restano spenti per cui non servono a niente. Ho osservato gli altri viaggiatori e mi sono riempita di invidia. Restano impassibili e scendono alla fermata giusta. È come se avessero introiettato, a furia di prendere quei treni, un timer infallibile.

HO INCROCIATO un controllore e gli ho chiesto perché il servizio informazione ai viaggiatori funziona così male. Mi ha risposto: «Èun problema anche per noi, ma non dipende da noi». Trenord è nata nel 2011 sotto il governo di Roberto Formigoni che la annunciò con orgoglio come «La prima operazione di federalismo ferroviario». È controllata per il 50% da Trenitalia e per il 50% da Ferrovie Nord Milano di cui la Regione Lombardia detiene il 60%. Trenitalia ha la responsabilità dei binari, Trenord gestisce treni, orari e frequenza delle corse. Lo scorso anno la Regione Lombardia, a guida leghista, ha affidato a Trenord la gestione dei servizi regionali ferroviari fino al 2033, senza gara. Da anni i pendolari lombardi lamentano ritardi e soppressioni dei treni regionali che spesso sono anche vecchi e sporchi. Chi ha preso treni in diverse regioni italiane sa che il federalismo dei trasporti ha reso l’Italia maculata, puoi passare dal piacere di viaggiare alla pena e tutto dipende dal confine regionale dentro cui hai la fortuna, o sfortuna, di muoverti.

mariangela.mianiti@gmail.com

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