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Il fascino discreto della batteria

Jazz Track Se c’è uno strumento che si identifica con il jazz fin dalla sua nascita questo è la batteria. Segnaliamo perciò tre dischi usciti a nome di altrettanti batteristi della effervescente […]

Pubblicato più di un anno faEdizione del 15 luglio 2023

Se c’è uno strumento che si identifica con il jazz fin dalla sua nascita questo è la batteria. Segnaliamo perciò tre dischi usciti a nome di altrettanti batteristi della effervescente scena italiana. A Journey in Motian (autoproduzione) è un tributo al grande batterista Paul Motian da parte di Luca Colussi, in compagnia del sax e clarinetto di Francesco Bearzatti, del piano di Giulio Scaramella e del contrabbasso di Alessio Zoratto. Del grande maestro il musicista friulano sceglie di omaggiare non l’immagine più conosciuta, quella di sottrazione, ma confeziona coraggiosamente e intelligentemente un disco di jazz robusto e sanguigno che ne esalta le doti compositive dal punto di vista melodico. Dalla ornettiana Arabesque alla danzante Mandeville e alla brumosa Lost in a Dream i quattro lavorano il materiale con entusiasmo, interplay e felicità creativa. Il leader si ritaglia uno spazio solitario con Drum solo for Paul perfetto per introdurre la miniatura Praire Avenue Cowboy e il finale Mesmer disegnato con la consueta verve dal sulfureo clarinetto di Bearzatti. Dall’instancabile musicista, compositore e organizzatore di suoni Francesco Cusa arriva una nuova formazione in trio con Tonino Miano al pianoforte e tastiere e Riccardo Grosso al basso elettrico e contrabbasso. Minimal Works (Improvvisatore Involontario/KUT Music) è impaginato con quattro pezzi di musica ripetitiva che si alternano ad altrettanti meditazioni dove i tre si muovono tra esplorazioni ritmiche e timbriche, notevole l’uso delle campane tibetane, e suggestioni cinematiche. Basti Luminal, esempio di riflessione sulla componente ripetitiva della musica africana e afroamericana, per comprendere la natura calda del lavoro come lo è tutta la produzione del musicista siciliano. Massimo Barbiero non è nuovo all’avventura discografica solitaria a cui ritorna spesso alternando i suoi impegni con le sue storiche formazioni Enten Eller e Odwalla. In questo suo ultimo Eros e Thanatos (autoproduzione) spicca il piacere per l’esplorazione del suono prodotto da pelli, legni, metalli e cristalli di ogni tipo. Una suite in dodici movimenti, tanti quanti i segni zodiacali, più uno, Il bacio, a suggello di un disco sentito che sa esplorare i chiaroscuri dell’animo come esemplifica la immagine di copertina, del fotografo Luca D’Agostino, da sempre collaboratore visivo del musicista eporediese.

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