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Il fantasma di Bangkok

Moscow Mule Il cinema come evento, il cinema come luogo di memorie. A Bangkok trenta anni fa almeno centoquaranta sale erano anche un ritrovo familiare, prima di essere chiuse o di dedicarsi […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 17 febbraio 2018

Il cinema come evento, il cinema come luogo di memorie. A Bangkok trenta anni fa almeno centoquaranta sale erano anche un ritrovo familiare, prima di essere chiuse o di dedicarsi solo a film a luci rosse per poi, comunque, serrare il portone. Il tramonto della pellicola è solo un frammento del percorso dell’immaginario legato allo spazio cinema; una strada che incontra le sale indipendenti. Tra le tante biografie che attraversano il cinema che fu, il regista Wattanapume Laisuwanchai, già noto al pubblico veneziano di “Orizzonti” per “Passing through the night” (2013), con “Phantom of Illumination”, racconta la storia del proiezionista Rith e del destino del cinema Thonburi Rama, chiuso nel 2013. Rith, o meglio Sumrith Praprakone, negli anni Ottanta lascia la campagna thailandese per cercare fortuna in città, dove trova, per caso, lavoro come proiezionista al Thonburi Rama e lì resta per ventisei anni, fino a quando, nel 2010, il cinema di quartiere saluta l’analogico. Wattanapume lascia sulla scena il suo fantasma; una figura resa tale dalle luci di proiezione e dalla disoccupazione. Rith, esperto di un’arte che non interessa più a molti, si lascia andare all’ alcool, vive tra fantasia e realtà, torna dalla famiglia per lavorare nella piantagione di caucciù, ma la speranza è l’ultima a tornare se ogni giorno è soverchiata dalla depressione. Il regista segue le giornate di Rith, i suoi ricordi, e lascia che la materia stessa del suo cinema tracimi nel “fantasmatico”, in quanto artista visuale per formazione e background (fa parte del collettivo di Bangkok “Eyedropper fil”, un progetto di design multimediale). Il prequel “spirituale” di Phantom è il cortometraggio “Lucid Reminiscence” (2014), visibile su youtube assieme agli altri, tra cui “Something still call to my mind” del 2009 e “Dreamscape” del 2015, in cui voci off, voci di memorie di un vecchio “andare al cinema”, si alternano alle immagini di abbandono di vecchie sale, una di quelle in cui Rith ha vissuto, senza distinzioni tra casa e ufficio, per poi esserne cacciato dalla Storia, ed aver ritrovato una nuova “illuminazione” sulla strada religiosa, avendo deciso di prendere gli ordini da monaco buddista. Lui, che aveva chiamato la figlia Film, per sentirla vicina anche dentro una cabina buia.

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