Visioni

Il drago, il sangue e le rose, la vita leggendaria di San Giorgio

Il drago, il sangue e le rose,  la vita leggendaria  di San GiorgioSan Giorgio e il Drago nella messinscena di Lewis Carroll

Immaginari Eroe cristiano venerato anche nell’Islam, protettore di molti paesi, unisce liturgia e culto popolare. Gli artisti di ogni tempo hanno raffigurato la sua storia, in Spagna il 23 aprile, data del suo martirio, è divenuto il giorno dei libri

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 23 aprile 2021

San Giorgio e il Drago, il sangue è un lago. Comincia così la poesia di Toti Scialoja dedicata a un santo molto popolare nel mondo, che battezza almeno venti comuni italiani e un numero molto maggiore di paesi e borghi.
EROE dei crociati ma venerato anche dall’Islam con tanto di moschea dedicata a Beirut, protegge: l’Inghilterra, il Portogallo, i Rom e gli scout e soprattutto la Catalogna; lì il suo nome è Jordi con «g»morbida ed è pieno di gente che si chiama così, come il protagonista della canzone di De Andrè che però è una ballata inglese del sedicesimo secolo. Genova e Inghilterra sono unite da San Giorgio, lo ha ricordato più d’un volta anche Dario Fo, autore peraltro della canzone di protesta Non aspettar San Giorgio che ci venga a liberar.
La bandiera della Repubblica marinara ligure aveva infatti impressa la croce di San Giorgio, oggetto di un culto istituzionale a Genova, e divenne in seguito vessillo anche delle navi inglesi che invocavano (pagando un tributo annuale al Doge) la protezione da parte del santo ma soprattutto della flotta genovese contro attacchi di pirateria nel Mediterraneo e nel Mar Nero. La croce di San Giorgio è rimasta nella bandiera inglese e in quelle di Londra e della Royal Navy, insieme alla venerazione del martire. Sauroctono, uccisore di lucertole, draghi spesso raffigurati come serpenti, e salvator di fanciulle dalle grinfie dei medesimi, Giorgio nella sua carriera non ha sempre ucciso mostri.

CONTESO tra culto liturgico e devozione popolare, era originario della Cappadocia, di fede cristiana, fu soldato nell’esercito di Diocleziano e da lui stesso martirizzato il 23 aprile del 303 d.c. La questione del drago, animale da compagnia di molti santi orientali cui Giorgio è accostato, è stata rinverdita dalla Legenda Aurea di Jacopo da Voragine nella seconda metà del 1200, e tornata di moda verso il Quattrocento in omaggio alla cultura cavalleresca; l’indubbia fotogenìa del duello uomini contro draghi (riproposta con successo in molti film di animazione Disney e più di recente nel Parlamento italiano) ha fatto dell’episodio soggetto di dipinti famosi: Paolo Uccello, Dalì, Carpaccio, Tintoretto, Carlo Crivelli, Raffaello, Rubens, Kandinsky, tutti si sono cimentati con la sua rappresentazione. In Catalogna si sono concentrati sul dettaglio leggendario del sangue del drago divenuto cespuglio di rose: da qui l’usanza di regalare il fiore nel giorno del martirio di Giorgio. Il 23 aprile di fatto è un san Valentino catalano, giornata dell’amore e dell’omaggio del fiore che ne è simbolo cui però, nel 1926 la Spagna intera e nel 1995 l’Unesco, ha abbinato anche la celebrazione del libro e del diritto d’autore. A Barcellona la festa è molto sentita, si passeggia tra stand all’aria aperta allestiti da librai e fiorai, le scuole sono coinvolte in un concorso letterario che mette in premio rose e pubblicazione dei testi vincitori.

Questo perché la data di morte di San Giorgio coincide con quella di Miguel de Cervantes, padre di ben più mesto e ironico cavaliere. Non solo lui ma anche Nabokov e Shakespeare avrebbero posto fine a ogni loro cruccio il 23 aprile. Il Bardo (ammesso che sia esistito, non fosse una donna, non fosse italiano etc) di 23 aprile sarebbe anche nato. Questa data è al centro di una trama pirotecnica di Angela Carter che con Figlie Sagge (riedito dopo anni di oblio da Fazi) celebra Shakespeare, il doppio, chi è nato dalla parte sbagliata del letto e del Tamigi e brinda a San Giorgio e alla salute dei bastardi.

CURIOSA sorte quella del martire cristiano di origine turche, finito nell’iconografia della Rivoluzione d’Ottobre a prestare lancia e corazza persino a Trotsky ma di fondo, pur sempre un georgico coltivatore della Terra, legato ai riti agricoli di fertilità e al calendario contadino: in Carinzia come in Tirolo si tramanda ancora la tradizione di Giorgio il Verde, la celebrazione con taglio di salice da ornare di ghirlande e l’allestimento di alberi della cuccagna; un Giorgio il Verde, Zeleni Jurij, è ricordato anche nei Balcani dove gli ortodossi lo raffigurano ricoperto di fogliame novello.

Uomo verde è anche la traduzione di Al-Khidr, il nome del profeta musulmano assimilato a San Giorgio e celebrato anche lui il 23 aprile. Santo stanco di guerra santa, che porta in sé fortissime persistenze pagane, spinge via la notte, l’inverno, l’oscurità (magari anche quella intellettuale a forza di libri regalati con i fiori) mascherandoli da draghi o serpenti. Capace all’occorrenza di trasformare il sangue in rose (Il sangue è un lago, da cui risorgono adagio adagio, Dragio e San Gorgo, è il secondo e ultimo verso della poesia di Toti Scialoja )

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