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Il dopo voto di Minniti

Il dopo voto di MinnitiMinniti ieri sera nello studio di Porta a Porta – Lapresse

Interno notte "Resto al governo in caso di unità nazionale". Il ministro riappare in tv in posa da uomo di stato: io non di parte. Per l’omicidio di Macerata si allarga anche a giudice del tribunale. «Con Renzi opinioni diverse sulle liste, ora insieme». Ma il segretario Pd scherza sul «presidente Minniti»

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 16 febbraio 2018

In un’intervista a Repubblica della settimana scorsa, quella che si faceva notare per il titolo «Ho fermato gli sbarchi perché avevo previsto Trani», Marco Minniti aveva raccontato, «compiaciuto»: «Non partecipo a un talk show da cinque anni». Ieri sera era in studio da Bruno Vespa a spiegare che sì, è pronto a partecipare a un governo di unità nazionale di cui, evidentemente, dovesse far parte il Pd. Partecipare tornando (o restando) al Viminale, se non passando a palazzo Chigi, quel che è certo è che il ministro dell’interno è pronto: «Vorrebbe anche dire che il mio operato viene giudicato positivamente».

La disponibilità del ministro segnala una divergenza con le ultime uscite del segretario del Pd. Che insiste nel rispondere «mai» a chi gli chiede di una possibile ritorno al governo con Berlusconi. A meno che quel «mai» di Renzi non debba riferirsi solo alla sua persona, come Minniti stesso aveva ipotizzato nell’intervista del giorno di San Valentino sempre a Repubblica ma questa volta a Eugenio Scalfari. Allora il ministro si era anche spinto a riferire le intenzioni del presidente della Repubblica: mantenere al governo Gentiloni «per sei, otto, dodici mesi, prima di tornare alle elezioni», evidentemente con l’appoggio parlamentare anche della destra. Un governo di unità nazionale, insomma.

Anche ieri in tv, Minniti è tornato sul ruolo del presidente della Repubblica: «Il 5 marzo la partita sarà nella mani di Mattarella, sono mani solide e equilibrate. Il Paese deve avere fiducia in lui». Quanto al rapporto con Renzi, il ministro dell’interno ha detto che «c’è un momento in cui si discute, ad esempio sulle liste, e poi c’è la partita elettorale in cui si combatte per il consenso e lo si fa insieme. La leadership è di Renzi, io non gli ho rimproverato niente, ho solo espresso una mia opinione nota». Non tanto nota, in realtà, perché affidata a qualche ricostruzione sulla stampa e mai a dichiarazioni precise del ministro. Si sa però che sulla composizione delle liste Minniti non è stato del tutto accontentato, essendo rimasti fuori almeno un paio di suoi fedelissimi – il senatore Latorre e il deputato Manciulli. Dopo l’incidente il titolare del Viminale ha raddoppiato le sue pose da uomo di stato. «Io da ministro dell’interno ho un ruolo delicato, non sono espressione di un partito ma qualcuno a cui ci si rivolge come un’entità terza», ha detto ieri a Vespa.

Naturalmente Minniti non ha trascurato le vicende di Macerata, dove non essendo riuscito a impedire la manifestazione antifascista ha però ordinato la rimozione del questore che non l’aveva mai messa in discussione. Il ministro si è allargato anche nei panni del giudice. «Le indagini sull’omicidio di Pamela vanno avanti – ha detto – e ci sarà fermezza nell’inchiodare i colpevoli alle loro responsabilità. Pagheranno fino all’ultimo giorno, non per vendetta ma per giustizia e in questo caso la legislazione premiale non ha nessuna ragione di essere». Un discorso da campagna elettorale, che esibisce il polso fermo ma per fortuna non ha nulla a che vedere con il funzionamento delle leggi italiane. Per le quali gli sconti di pena non sono legati al reato commesso, quanto alla condotta in carcere, al percorso di riabilitazione e al reinserimento del detenuto, tutte cose che Minniti al momento non può prevedere. Vale anche nel caso dell’ergastolo.

A proposito di antifascismo, il ministro ha detto che «la democrazia italiana è molto solida» e alla ricerca di pericoli è andato a cercarli a Piacenza: «Sabato scorso ci sono state 150 manifestazioni, in 149 non è successo niente, il limite della violenza è stato valicato solo a Piacenza contro il carabiniere, nulla a che vedere con i principi della Costituzione e i valori dell’antifascismo». Invece sui migranti Minniti ha attaccato il centrodestra, da destra. «Berlusconi nel 2001 ha fatto una sanatoria pazzesca, 650mila persone e adesso promette di rimpatriarne altrettanti». Lui, invece, ha «chiuso» il 2017 «con il 34% di arrivi in meno».
Il ritorno in tv di ieri sera, accolto da Vespa con mille ringraziamenti, è solo il primo di una nuova strategia. Domenica Minniti sarà con Renzi su Rai3. E proprio il segretario ieri in tv ha scherzato con il conduttore Mediaset Del Debbio che parlava di Minniti come «il presidente». «Vi avvantaggiate», ha detto il segretario del Pd.

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