Il dolce sapore della lentezza e della creatività
Musica A Corato torna il «Secolare Festival». «Volevamo fare qualcosa che parlasse la lingua del nostro territorio»
Musica A Corato torna il «Secolare Festival». «Volevamo fare qualcosa che parlasse la lingua del nostro territorio»
Terra arata, pietre calcaree. Muretti a secco disegnano linee infinite che si perdono a vista, tra distese di ulivi e mandorli dove le volpi fanno la tana. La Murgia sembra la luna: qui la xylella, che ha devastato i paesaggi più struggenti del Salento nel silenzio assenso di tutti, deve ancora arrivare (purtroppo, notizia di questi giorni, più giù, in località Torre a Mare, alle porte di Bari, sono stati trovati i primi alberi malati). La vista si allarga e il cuore prende fiato davanti a orizzonti deserti, liberi dalle masse di turisti cavallette che assediano e distruggono ciò che resta della Puglia. Quando arriviamo al Secolare Festival, in un agriturismo e circolo ippico alle porte di Corato, il sole sta calando dietro gli alberi di una grande pineta.
I PRIMI campeggiatori montano le tende, in molti hanno scelto di restare per entrambi i giorni di questo festival di musica non convenzionale (2,3 agosto): il campeggio è incluso nel modestissimo costo del biglietto. I prezzi, a cominciare da quello dell’acqua, sono super calmierati; c’è spazio per tutti, giovani, adulti, bambini, in una rassegna che ha messo al primo posto della sua policy la questione dell’accessibilità. «Secolare è ciò che contraddistingue le nostre piante più rappresentative, la quercia roverella e l’ulivo. Abbiamo cercato di dare un taglio diverso da quello che si vede in giro. Volevamo fare qualcosa che parlasse la lingua del territorio e che parlasse a chi abita in Puglia 365 giorni l’anno, c’è una narrazione sul sud molto stereotipata, si parla di autenticità per cose come cibo, tradizioni che guardano il passato, come se fosse un passato dorato, ma non era tutto così. Per noi autenticità significa fare comunità», dice il direttore artistico Cataldo Bevilacqua, classe 1981, di Corato, ha diretto per quattro anni la sezione italiana dello Sziget Fest, tra i fondatori della cooperativa di comunicazione Spore che ha vinto il bando regionale che ha promosso il festival, quest’anno alla sua seconda edizione. Oltre al main stage, non lontano dall’area tende, il Bosco Stage, dedicato ai dj set iniziali e notturni, e un mercatino con stand di artigianato, cibo e vino locale. Poggiato a una balla di fieno, un ragazzo biondo, alto e magro con la kefiah palestinese al collo sta cacciando note dolci e distorte da un sax. Alabaster DePlume, artista eclettico e attivista di Manchester, saluta il tramonto in un soliloquio personalissimo e poetico che anticipa il concerto in cui si produrrà tra qualche ora. La sua perfomance improvvisata dà il sapore di questo stare lento, situazionista e iper creativo a cui il festival induce. La line up delle due serate è un sogno per gli amanti della musica suonata: al Secolare si suona per davvero, con una proposta che alza costantemente il tiro, e che nel suo osare ci riporta alla bellezza dell’ascolto e dell’incontro tra pubblico e artisti.
MOLTI i momenti da appuntare della intensa due giorni (circa otto esibizioni a sera) che ha visto un’affluenza di pubblico misto e trasversale: l’avanguardia pura del compositore musicologo sardo Paolo Angeli, in un viaggio che ha immobilizzato gli astanti con suoni – e canti – antichi e mistici su chitarra sarda preparata, strumento orchestra ibrido tra chitarra, baritono, violoncello e batteria da lui stesso ideato e costruito. Sempre la prima sera, dopo il post folk dei libanesi Sanam, resta impressa la figura inafferrabile di DePlume – un eliottiano Tiresia dei giorni nostri, postmoderno e punk, declamatore di versi spoken su un cross over jazz che travolge. La seconda sera è un attraversamento di suoni, stili, storie, atmosfere multiple e ibridate, dal songwriting psych folk di Richard Dawson, con la sua potente chitarrina da Newcastle, al blues grezzo e paludoso dei canadesi Timber Timbre, fino al noise percussivo – tra hip pop industrial e avant jazz – di NAH, batterista e manipolatore di suoni di Filadelfia che incendia l’ultima notte di Secolare. «Abbiamo optato per una line up di scoperta – spiega ancora Bevilacqua -, ultimamente si vedono festival fatti con lo stampino. Ho sempre pensato che la musica sperimentale alternativa non sia difficile da proporre, a volte manca la curiosità, il senso critico: stiamo gettando le basi perché questo investimento possa durare». Era ora.
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