ExtraTerrestre

Il dizionario «filosofico» del Salone del Gusto

Il fatto della settimana Gli internauti potranno conoscere, imparare e dialogare con filosofi, antropologi, scrittori, economisti e intellettuali

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 8 ottobre 2020

Agroecologia, biodiversità, commodity, distribuzione, economia, geografia. Sono alcune delle parole, degli argomenti trattati in questa edizione di Terra Madre Salone del Gusto che parte oggi e per sei mesi metterà a disposizione del pubblico di internauti, esperti di fama mondiale per affrontare temi di grande interesse e attualità proposti da angolature diverse. Comodamente da casa (gratuitamente), collegandosi a www.terramadresalonedelgusto.com, si entrerà in uno spazio unico per conoscere, dialogare, imparare, per accendere la consapevolezza sull’importanza del cibo per il benessere delle persone e la salute del pianeta. Grandi nomi di intellettuali, scrittori, economisti, filosofi, antropologi, ecologisti ed educatori offrono la propria visione su ambiente, agricoltura, alimentazione, insieme a contadini, pastori, pescatori e cuochi. La limitazione del Covid, che ha impedito di organizzare la grande kermesse a Torino, si è trasformata così in un’opportunità grazie alla realizzazione di format divulgativi innovativi, consentendo a centinaia di migliaia di persone nel mondo di assistere agli interventi di Fritjof Capra, Carolyn Steel, Salvatore Settis, Virginie Raisson, Sunita Narain, Johan Rockström.

CIBO COMMODITY E AGROENERGIA. Pensare il cibo oggi significa pensare la società come un tutt’uno. Con la globalizzazione dell’economia, i prodotti alimentari hanno smesso di essere cibo come lo erano prima, come lo sono sempre stati nella storia, cioè hanno smesso di avere il valore legato al loro uso, alle loro proprietà intrinseche che riguardano la nutrizione umana, e sono diventati qualcosa di estraneo alla stessa alimentazione. Il cibo si è trasformato in due cose: agroenergia e commodity.

In quanto agroenergia viene rimosso il valore d’uso del cibo, ovvero la sua proprietà di nutrimento. Il cibo perde l’enorme patrimonio di riferimenti di carattere sociale, geografico, biologico, culturale. Per altro verso, il cibo è diventato una commodity. Cioè merci internazionalmente standardizzate, che possono essere vendute sulla borsa merci e come titoli futures. Oggi, quindi, si può comprare un raccolto di soia o di mais senza che la coltivazione sia neppure stata avviata. Così, trasformato in commodity, il cibo assume le stesse caratteristiche del petrolio, del ferro: nell’economia globalizzata importa poco il valore d’uso del cibo. Queste nuove interpretazioni dei prodotti alimentari hanno un impatto enorme sul territorio, sulle persone, sull’identità collettiva. Basti pensare alle enormi quantità di pesticidi che richiedono le monocolture generate da questo sistema. (Larissa Bombardi: docente di Filosofia, letteratura e scienze umane dell’Università di San Paolo del Brasile).

PANDEMIA. Dobbiamo interpretare il coronavirus come una risposta biologica del nostro pianeta vivente, Gaia, allo stato di emergenza ecologica e sociale del quale il genere umano è vittima e causa. Il contagio è nato da uno scompenso di tipo ecologico, ma le sue ricadute sono drammatiche a livello sociale. Gli studiosi e gli ambientalisti ci hanno messo in guardia sulle devastanti conseguenze dei nostri sistemi non-sostenibili in tutti gli ambiti. Finora, però, i nostri leader, incapaci di affrancarsi dall’ebrezza del profitto e del potere, si sono ostinati a fare finta di nulla…

Adesso, però, le élite politiche e finanziarie non possono più fare finta di nulla, perché il Covid-19 ha fatto di quelle nefaste prospettive future una realtà vissuta. La sistematica compromissione degli ecosistemi, mossa dall’avidità dei grandi conglomerati aziendali, ha frammentato quei sistemi, lacerando la tela della vita. Nelle epoche di pandemia, infatti, il problema della giustizia sociale non è più una questione politica di sinistra contro destra, ma una questione di vita o di morte. Per contenere la diffusione delle pandemie è fondamentale migliorare le condizioni di vita dei meno fortunati. Sono gli approcci di ordine etico, orientati al bene comune, a diventare una questione di vita o di morte. (Fritjof Capra: fisico, economista e scrittore austriaco)

AGROECOLOGIA. L’agroecologia si profila come una delle uniche soluzioni percorribili per affrontare questa pandemia, dal punto di vista della produzione alimentare. Per l’agroecologia è fondamentale il dialogo tra i saperi. Da un lato abbiamo il contributo della scienza occidentale, come l’ecologia, l’agraria, le scienze sociali. Dall’altra i saperi ancestrali, delle comunità contadine e delle comunità indigene. Perciò, quando si realizza questo dialogo di saperi, nasce una proposta, quella che chiamiamo agroecologia: una scienza di trasformazione, basata sui principi fondamentali che regolano i funzionamenti della natura, applicata a progetti di gestione degli agro-ecosistemi. L’agroecologia è una scienza olistica sistemica.

Credo che il Covid-19 abbia evidenziato la fragilità del sistema alimentare globale. In questo momento, nel mondo, ci sono 1,5 miliardi di ettari coltivati che per l’80% sono monocolture di soia, di mais, di grano che dipendono da un utilizzo di 2,3 miliardi di chili di pesticidi. Penso che oggi un cambiamento fondamentale, radicale del sistema alimentare, sia necessario. Quello che dobbiamo fare, ciò che il Covid ha evidenziato, è che la produzione alimentare deve tornare nelle mani dei contadini, degli indigeni e dell’agricoltura urbana. Gli agricoltori, che occupano tra il 25 e il 30% delle terre agricole, producono tra il 50 e il 70% degli alimenti che mangiamo. L’agricoltura industriale produce solo il 30% degli alimenti, ma consuma l’80% dell’acqua, il 70% dell’energia e del petrolio. Produce il 40% dei gas a effetto serra, responsabili dei cambiamenti climatici. (Miguel Altieri: agronomo ed entomologo cileno, docente presso l’Università della California)

SISTEMA ALIMENTARE. Molte evidenze scientifiche ci dicono che il sistema alimentare è uno dei maggiori produttori di emissioni di gas serra e la causa principale di perdita di biodiversità. È il principale fattore di una crescente frequenza di epidemie e pandemie, il principale consumatore di acqua dolce, una delle maggiori cause dell’inquinamento e del cambio di destinazione d’uso del suolo… In breve: se correggiamo il sistema alimentare, potremo contribuire alla stabilità del sistema Terra aiutando in modo importante il pianeta.

L’Accordo di Parigi sulla riduzione di emissione di gas serra non riguarda più la nostra capacità di decarbonizzare il sistema energetico, quanto piuttosto il successo della trasformazione del sistema alimentare. I dati che abbiamo indicano tutti una direzione che dobbiamo considerare: d’ora in poi dovremo nutrire l’umanità usando i terreni agricoli già esistenti… In secondo luogo, vanno attuate tutte le pratiche agronomiche ecocompatibili: sistemi di raccolta dell’acqua, migliori rotazioni delle colture, agricoltura conservativa… La mia raccomandazione è eliminare tutti quei sussidi che incentivano sistemi produttivi non sostenibili, basati sulla monocoltura, industriali e dannosi per il clima e reindirizzare le risorse economiche per far sì che i contadini siano il più possibile veri guardiani del paesaggio. (Johan Rockström: direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research e professore di sistemi idrici e sostenibilità globale all’Università di Stoccolma)

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