«Mi sento a mio agio a lavorare con la luce che non si sa bene a che ora sia e con i non-luoghi», afferma Carolina Cavalli, esordiente nel lungometraggio con Amanda (nelle sale da oggi). Dichiarazione pertinente per un film girato in una Torino irriconoscibile e abitato da una serie di ambienti «isolati» messi in relazione da una struttura al tempo stesso astratta e materica e da un montaggio (di Babak Jalali, regista iraniano che vive a Roma, autore nel 2018 dell’ottimo Land) che assume un ruolo essenziale nella descrizione di un dis-orientamento collettivo, che impregna la vita di ogni personaggio: la venticinquenne Amanda (bravissima Benedetta Porcaroli, intenso volto emergente del cinema italiano), senza amici; la sua famiglia (padre, madre, sorella con due figli); la coetanea Rebecca (l’attrice francese Galatéa Bellugi), auto-reclusa nella stanza della villa in cui vive con la madre Viola (Giovanna Mezzogiorno) e nella cui quotidianità irrompe Amanda cercando di riconquistare quell’amicizia che le aveva legate da bambine.

NON-LUOGHI: la villa con piscina della famiglia di Amanda; quella in stile minimalista e dal design moderno di Rebecca e Viola; la fattoria in campagna con il cavallo che Amanda va spesso a visitare; squarci urbani e locali notturni frequentati dalla protagonista. Cavalli crea delle prossimità geografiche non realiste e, dopo un inizio nel segno di una forma che potrebbe anche irritare, trova una dimensione visiva matura e originale fatta più di appunti che di narrazione cronologica, costruisce geometrie figurative nel rappresentare personaggi, la maggior parte dei quali femminili, che, ricorda la regista, «non hanno senso dell’orientamento», rimasti a vario modo adolescenti cercando ognuno un proprio «rifugio», isolandosi da quanto accade attorno a loro.
Amanda è così composto di quadri che definiscono un insieme dove con-vivono realtà e immaginazione, memorie e desideri. Ed è un film che conferma il talento di una giovane autrice già espresso nell’episodio pilota di Mi hanno sputato nel milkshake (diretto insieme a Giuseppe Tufarulo, e del quale Cavalli ha firmato anche soggetto e sceneggiatura) dove affioravano elementi (di scrittura, nella definizione di personaggi deambulanti nelle loro vite scombinate, e di regia, nel di-segnare altri non-luoghi) poi elaborati in maniera più ampia e altrettanto consapevole in Amanda.