Editoriale

Il diritto prevale sulla forza

Crimini di guerra Il capolavoro della sentenza che abbatte l’immunità e apre ai risarcimenti a carico della Germania

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 24 ottobre 2014

Il 22 ottobre 2014 è una data storica, segna il punto più alto, raggiunto nel nostro ordinamento, della giurisdizione come funzione di garanzia dei diritti fondamentali. La sentenza n. 238/2014 della Corte Costituzionale travolge le consuetudini accomodanti e la ragione di Stato nelle relazioni internazionali, ripristinando la prevalenza del diritto sulla forza. Questo risultato straordinario è frutto di una sinergia virtuosa fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione costituzionale, che ha consentito di superare gli ostacoli frapposti dalle Cancellerie.

Ma andiamo per ordine. I crimini di guerra, commessi dalle truppe naziste ai danni di cittadini italiani, hanno lasciato una scia di sangue e di diritti rimasti privi di tutela.
Venti anni fa, nel 1994, il sig. Luigi Ferrini, deportato in Germania e costretto ai lavori forzati in condizione di schiavitù, si rivolse ai giudici italiani per chiedere la condanna della Germania al risarcimento dei danni subiti. La Germania oppose il principio di diritto internazionale della immunità degli Stati sovrani dinanzi alla giurisdizione di ogni altro Stato e la domanda fu respinta dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Firenze, ma la Corte di Cassazione, con una storica sentenza delle Sezioni Unite civili (n. 5044/2004), ribaltò il giudizio, stabilendo che l’immunità degli Stati per gli atti d’imperio non si estende ai crimini di guerra e ai crimini contro l’umanità. A seguito di questa sentenza, furono instaurati diversi procedimenti contro la Germania da parte di cittadini italiani ivi deportati durante la seconda guerra mondiale e avviate anche delle procedure esecutive.

La Germania reagì rivolgendosi alla Corte internazionale di giustizia dell’Onu, chiedendo che la Corte riconoscesse la sua immunità, in quanto Stato sovrano, nei confronti della giurisdizione italiana, anche per fatti qualificabili come crimini internazionali. L’Italia, trascinata in giudizio dinanzi alla Corte dell’Onu, si comportò in modo da farsi condannare, perché il Governo italiano condivideva la tesi della Germania e disapprovava l’orientamento assunto dalla Corte di Cassazione. Quindi, con sentenza del 3 febbraio 2012, la Cig risolse l’apparente contrasto fra la Germania e lo Stato italiano, dichiarando che il diritto internazionale continua a «prevedere che ad uno Stato sia riconosciuta l’immunità in procedimenti per illeciti presumibilmente commessi sul territorio di un altro Stato dalla proprie forze armate nel corso di un conflitto armato».

A quel punto la Corte di Cassazione, obtorto collo, si arrese alla pronuncia della Cig e dichiarò il difetto di giurisdizione nei confronti della Germania (con le sentenze 32139/2012 e 4284/2013).

Per chiudere definitivamente il discorso intervenne il legislatore che, con la legge 14/1/2013 n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni), all’art. 3 dispose l’espressa esclusione della giurisdizione italiana per i crimini di guerra commessi dal terzo Reich anche per i procedimenti in corso.

Il discorso sembrava definitivamente chiuso, le richieste di giustizia dei deportati «asfaltate» con l’autorità di Corti internazionali, Convenzioni internazionali e leggi interne.

Ma un giudice a Firenze ha detto no. Si è ribellato all’ingiustizia di leggi e convenzioni internazionali e ha sollevato la questione di costituzionalità, eccependo che l’adattamento dell’ordinamento italiano ai principi e alle convenzioni internazionali incontra il limite invalicabile della tutela dei diritti fondamentali.

La buona novella che ci annuncia questa sentenza della Corte è che la forza del diritto deve prevalere sul diritto della forza. In ogni circostanza.

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