Il diritto dell’Italia alla consultazione sul piano francese
Nucleare di confine Secondo la Convenzione di Espoo, adottata nel 1991 e oggetto di successivi emendamenti, i governi devono garantire la possibilità anche ai cittadini degli Stati confinanti – che potrebbero essere danneggiati […]
Nucleare di confine Secondo la Convenzione di Espoo, adottata nel 1991 e oggetto di successivi emendamenti, i governi devono garantire la possibilità anche ai cittadini degli Stati confinanti – che potrebbero essere danneggiati […]
Secondo la Convenzione di Espoo, adottata nel 1991 e oggetto di successivi emendamenti, i governi devono garantire la possibilità anche ai cittadini degli Stati confinanti – che potrebbero essere danneggiati da un progetto – di partecipare a una procedura di consultazione (c.d. «consultazione trans-frontaliera») sulle attività proposte.
L’Italia ha ratificato gli ultimi emendamenti della Convenzione con la Legge 3 maggio 2016 n.79. Come si vede, è stato un processo piuttosto lungo e complesso che si intreccia con le tormentate vicende delle direttive comunitarie (e norme nazionali) relative alla Valutazione dell’Impatto Ambientale (Via).
Ma questo in pratica che vuol dire? In sintesi, che cittadine e cittadini dei Paesi confinanti hanno il diritto di potersi esprimere su progetti (pubblici o privati) che si prevede poter avviare al di la della linea di demarcazione territoriale. Anche in caso si sentano da essi «minacciati». Perché, appunto, l’inquinamento non conosce confini.
In questi giorni, in Francia, l’Autorità per la Sicurezza Nucleare (Autorite de Surete Nucleaire – Asn) ha formalizzato l’avvio di una pubblica consultazione, dal 3 dicembre 2020 al 15 gennaio 2021, per prolungare di altri dieci anni l’attività di 32 reattori nucleari.
Si tratta degli impianti più vecchi ancora in attività nelle 56 centrali nucleari operate da Electricité de France (Edf): hanno già raggiunto, o raggiungeranno entro il 2030, i quaranta anni di attività operativa.
Il punto è che quaranta anni è proprio il limite di operatività per il quale questi reattori furono progettati. E non si può affatto escludere la possibilità che questi vecchi reattori (ognuno di circa 900MW) possano causare incidenti anche gravi, con rilasci significativi di sostanze radioattive disperse su aree vaste e impatti anche sul territorio italiano. A titolo d’esempio, tra la centrale di Tricastin (con 4 reattori PWR da 915MW ognuno) e Torino ci sono solo 250 km in linea d’aria.
È piuttosto ovvio che i cittadini italiani siano quindi «parte interessata» (per usare il linguaggio della Convenzione di Espoo). Per questo Greenpeace Italia, con una lettera, ha chiesto con urgenza al Ministero dell’Ambiente di attivarsi con la controparte francese per garantire a cittadine e cittadini italiani il diritto di partecipare a una consultazione pubblica che sia «equivalente a quella garantita ai cittadini della Parte di origine».
Un invito che è stato accolto da governo, come annunciato dal sottosegretario Roberto Morassut nella giornata di ieri. «Per rispondere alle giuste sollecitazioni di Greenpeace – ha affermato Morassut – al Ministero dell’Ambiente stiamo, infatti, predisponendo (in sinergia con il Ministero dello Sviluppo economico) una nota indirizzata alle autorità francesi per chiedere il coinvolgimento del nostro Paese in relazione all’ipotesi di estensione della licenza dei reattori nucleari d’oltralpe, che si trovano in prossimità dei nostri confini”.
Greenpeace ringrazia il sottosegretario Morassut, il ministro Costa e il governo. E si augura che cittadine e cittadini colgano rapidamente questa opportunità – la consultazione termina il 15 gennaio – per far sentire la propria voce sull’ipotesi di estensione della licenza dei vecchi reattori nucleari operanti da ormai quaranta anni vicino ai nostri confini.
* direttore delle campagne di Greenpeace Italia
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