Cultura

Il diritto al tempo nell’era del consumo senza sosta né legge

Il diritto al tempo nell’era del consumo senza sosta né leggeUn’immagine tratta da «Critique de la séparation», un film di Guy Debord (1967)

SCAFFALE Per l’editore Massari «I consumati. Siamo uomini o merci?», di Marco Ferri e Francesco Iacovone

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 20 novembre 2019

Il libro I consumati. Siamo uomini o merci? (Massari Editore, pp. 192, euro 14) afferma un principio di civiltà: le persone hanno diritto al tempo. Tutte le persone. Bambini e bambine comprese. Tempo che, nel caso di questi e queste ultime, significa anche tempo degli adulti con cui crescono e che ne hanno cura diretta.
Gli autori, Marco Ferri e Francesco Iacovone, rispettivamente uno scrittore e un delegato sindacale Cobas, si soffermano molto su questo aspetto. Nel volume c’è un paragrafo dal titolo emblematico: «Mamma, vuoi crescermi? Licenziati!». Si riportano le stime relative alle centinaia di migliaia di donne che in Italia negli ultimi anni hanno dichiarato di essere state licenziate o di avere subito pressioni a seguito di una gravidanza, evidenziando un attacco pesante a loro, alle loro vite, e ai diritti dell’infanzia.

QUESTO ACCADE IN ITALIA. Da un lato, abbiamo le retoriche reazionarie sulla famiglia, tendenti a (ri)legittimare le relazioni patriarcali. Dall’altro lato, abbiamo la realtà dei diritti negati a milioni di lavoratrici. Questo attacco si verifica da tempo in tanti settori, specialmente nel commercio, tanto femminilizzato e precarizzato, come nella grande distribuzione organizzata, in agricoltura, nei servizi di cura: settori in cui è chiarissima la trasformazione del lavoro intervenuta negli ultimi tre decenni e la sua connessione con i più generali processi di compressione spazio-temporale.

È IL CAPITALISMO, d’altronde, a funzionare così. È un modo di produzione che si fonda sull’abbattimento – tendenzialmente, se possibile, permanente ed accelerato – delle barriere spaziali e temporali, e di quelle politiche e culturali, per velocizzare la produzione e circolazione delle merci. Ce l’ha spiegato Marx nei Grundrisse. Ce lo ha fatto capire meglio ancora David Harvey in varie opere. Ce lo hanno mostrato chiaramente le innumerevoli lotte per non farsi surclassare dall’intensità dei tempi delle imprese.
Compressione spazio-temporale significa consumi veloci, sempre più veloci, ma anche consumi sempre possibili. Quindi: allungamento della giornata e dei periodi lavorativi, ma anche ritmi di consumo, e quindi di lavoro, sempre più intensi. La tendenza è ad una combinazione, approfondita dalla fine degli anni Settanta – inizio anni Ottanta di intensificazione dei ritmi (estraendo plusvalore relativo, quindi) ed estensione della durata della giornata lavorativa (agendo sul plusvalore assoluto).
E, così, l’intera vita viene presa nel meccanismo di valorizzazione delle merci. È quel processo che vediamo rappresentato ad ogni Pasquetta o Ferragosto o Domenica, quando i parcheggi dei centri commerciali sono pieni di automobili. Invece di andare in spiaggia, in montagna o al parco, migliaia e migliaia di persone e famiglie passano la giornata di festa nel centro commerciale, consumandosi, appunto, tutti insieme: lavoratori-lavoratrici e consumatori-consumatrici.

QUESTI SONO ALCUNI dei processi strutturali, dunque contemporaneamente socio-economici, politici e culturali, nei quali siamo immersi. Siamo merci. Utili a valorizzare altre merci e i loro proprietari. In un meccanismo anonimo, ma pieno di rapporti di potere e, quindi, di resistenze. In cui chi alza la testa rischia la rappresaglia padronale, se non addirittura la morte, come il lavoratore Ahmed Abdel Salam, ucciso durante un picchetto a Piacenza il 16 settembre 2016.
Un meccanismo tanto forte quanto, però, instabile, che può essere messo in discussione da differenti rapporti di forza basati su alleanze, in quanto, come rivendicano gli autori del libro, è giunta l’ora di riprenderci le nostre vite di lavoratori e di cittadini: trascorriamo le feste favorendo la socialità, il riposo, la riflessione, la cultura, lo sport, facciamolo creando le giuste alleanze tra consumatore inconsapevole e lavoratore consumato». Con il richiamo a valori comuni alternativi a quelli dominanti. Con le campagne. E con lo sciopero sociale, come ci ha insegnato il movimento femminista, in quanto sciopero che mette insieme ciò che il rapporto di capitale tende a rompere, a separare, ricomponendo, appunto, lavoro riproduttivo, consumo e lavoro dipendente.

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