Cultura

Il destino tragico di una figlia e il mestiere difficile della cura

«Madre e figlia» di Édouard Verschaffelt (1874-1955)«Madre e figlia» di Édouard Verschaffelt (1874-1955)

Scaffale "La figlia della serva" di Patrizia Carrano (Vallecchi) è nelle intenzioni dell’autrice una sorta di sequel de "La bambina che mangiava i comunisti" (Vallecchi) in cui la protagonista Elisabetta si era dovuta destreggiare con una madre particolarmente ideologica e poco affettuosa

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 10 luglio 2024

La figlia della serva di Patrizia Carrano (Vallecchi, pp. 258, euro 18 ) è nelle intenzioni dell’autrice una sorta di sequel de La bambina che mangiava i comunisti (Vallecchi) in cui la protagonista Elisabetta si era dovuta destreggiare con una madre particolarmente ideologica e poco affettuosa – come del resto Carrano stessa, che nella nota finale spiega che quell’esperienza è stata autobiografica. In questo nuovo romanzo, che pure racconta di Elisabetta e di sua madre Franca, ci sono molti altri personaggi, soprattutto persone di servizio che hanno accompagnato le vicende biografiche di entrambe le donne.

LE DIFFERENZE tra madre e figlia sono lampanti anche nel modo di trattare i «famigli», come li chiama Renzo, il patrigno di Elisabetta, visto che la parola badante secondo il dizionario della crusca indica colei o colui che si occupa del bestiame. Mentre Franca è dispotica e anaffettiva, Elisabetta riesce a instaurare un rapporto di fiducia e di affetto con tutte le persone che nel corso degli anni le hanno dato un aiuto in casa e in ufficio: Annalisa, Ottavia, Melinda, Ernestina… A restarle nel cuore soprattutto è stata Beppa, a cui sono dedicate varie pagine del libro, che fin da quando lei era una neonata le ha fatto da mamma (da qui, il titolo di questo romanzo). Beppa si è occupata di lei con affetto sincero, a differenza di Franca che anche di fronte alla tragicità del destino di sua figlia non si smuove, dimostrando di non saper provare sentimenti.

L’ELEMENTO INNOVATIVO di questo romanzo, proprio rispetto a Franca, è la breccia che Manuel, che si occupa di lei e che era stato assunto per prendersi cura di Renzo, fa nel cuore di pietra della anziana donna. Pur mantenendo tutte le spigolosità del suo carattere e i suoi vizi, dal fumo al cioccolato, con Manuel Franca dimostra una minima forma di umanità. Umanità che, invece, non riuscirà mai a mostrare a Elisabetta: infatti, quando la figlia avrà bisogno di lei, Franca non farà altro che delegare il compito a Manuel.

Il romanzo racconta una delle difficoltà del mestiere di cura, quella di doversi confrontare non solo con la morte del paziente, ma anche con le sue conseguenze: la perdita del lavoro e di un domicilio è al centro di questo testo che si presenta come un prisma di storie. Non solo quelle dei famigli, ma anche quella di Graziella che cerca di sottrarre a Franca l’appartamento che era di suo padre, e di Giuseppe che ha tutte le intenzioni di insegnare a Manuel il mestiere di calzolaio e condividere con lui la bottega, anche se i suoi figli hanno ben altri progetti…

IL TESTO RACCONTA, inoltre, anche la storia di una città, Roma, stravolta dal neoliberismo: i quartieri che un tempo erano popolari vengono gentrificati o trasformati da eventi come lo sono stati i mondiali, e i loro abitanti, di conseguenza, vengono cacciati ai margini della città. Non solo, Carrano ha l’ambizione – attraverso il racconto delle storie di vita di persone che lavorano per altre facendo pulizie, giardinaggio o occupandosi della loro vecchiaia – di far notare un enorme problema della sinistra, cioè «la frattura fra le istanze teoriche delle élites intellettuali e i sogni e i bisogni della gente più semplice, quel popolo rosso che si è allontanato dalla politica» e che, va detto, spesso in Italia non ha neanche la cittadinanza per votare.

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