Cultura

Il desiderio all’epoca della sua sparizione

Il desiderio all’epoca della sua sparizioneUna foto di Francesco Carta / Getty images

AMY BONNAFFONS Intervista con la scrittrice statunitense a proposito del suo «I rimpianti», per le edizioni Alter Ego. «Volevo esplorare lo scambio energetico che avviene tra le persone, in particolare tra gli amanti. Spesso pensiamo che i nostri corpi siano finiti e delimitati, ma non lo sono. La narrativa credo funzioni come un sogno, emerge con la delicata mediazione dell’inconscio, tra la realtà in veglia e oltre»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 7 marzo 2023

Dopo l’incidente stradale che lo ha coinvolto, Thomas ascolta con sorpresa l’impiegato mentre gli spiega l’errore tecnico per cui, invece di morire, dovrà trattenersi ancora qualche settimana tra i vivi. L’importante è consegnare dei report giornalieri e attenersi a poche regole, per esempio non cedere alle incursioni del passato nel presente, non lasciarsi modificare nella propria «integrità» causando contraddizioni con il lineare procedere degli eventi fino a quel momento. I rimpianti (Alter Ego, pp. 254, euro 18, traduzione di Silvia Manzio) è il titolo del primo romanzo di Amy Bonnaffons, ma è anche ciò che accade quando la realtà si strappa rivelando la fragilità della condizione umana.
Scrittrice statunitense, laurea a Yale, master in scrittura creativa e dottorato in studi sulle donne, Amy Bonnaffons esplora il collasso delle relazioni attraverso un ibrido letterario tra fantastico e favola nera. «Mentre scrivevo I rimpianti, sono tornata più volte a L’uccello che girava le viti del mondo di Haruki Murakami, con la sua capacità evocativa di congiungere il mistero e l’oscurità con la leggerezza», ammette l’autrice raggiunta per qualche domanda.

Quando Rachel incontra Thomas alla fermata dell’autobus non sa che ha di fronte un morto. Eppure se ne innamora. Nel suo «I rimpianti», il fantasma è una metafora della scomparsa e di come quest’ultima tormenti l’esistenza degli amanti. Rachel rappresenta questo paradosso: più è annunciata ed estesa la sparizione, più la sua memoria è impressa nei corpi?
La scomparsa non accade mai veramente. Quello che volevo esplorare qui era il profondo scambio energetico che avviene tra le persone, in particolare tra gli amanti. Pensiamo che i nostri corpi siano finiti e delimitati, ma non lo sono. In particolare quando lo scambio avviene tra creature giovani e vulnerabili come Thomas e Rachel. Quando l’incontro è segnato da traumi è davvero difficile districarsi l’uno dall’altro anche dopo essersi separati. Di questo punto, volevo esplorare la fisica emotiva.

I corpi sono potenti eppure esposti. Lo spiega Rachel quando dice: «Sarei stata condannata a quella apertura per sempre». L’amore è vulnerabilità e, allo stesso tempo, voracità?
Forse – ma il tipo di vulnerabilità e voracità su cui i miei personaggi si esercitano si fonda sulla natura effimera della loro connessione. Rachel sa, in un certo senso, di essere in grado di arrendersi a questa esperienza di apertura solo perché non le verrà richiesto a lungo. Vuole sperimentare l’amore, la sua giostra inaddomesticata. Il problema è non essere pronte a scendere quando tutto diventa troppo spaventoso.

«I rimpianti» è un romanzo sul desiderio e sulle sue epifanie. Significa forse che il desiderio, nella sua apparizione iniziale, è fuori dal tempo?
Il desiderio sembra spesso arrivare da qualche altra parte, da un luogo al di fuori del tempo e delle limitazioni umane, è illogico e imprevedibile nel modo in cui ci coglie. Rachel, solitaria e ambivalente in questo suo isolamento, incerta se vuole veramente uscirne o meno, scopre il desiderio come una improvvisa intrusione, e si arrende ad esso come se fosse una sorta di dio, in modi che alla fine diventano disastrosi. La sfida più interessante è restare con ciò che sta accadendo nell’ardore dell’esperienza interiore invece di attribuire la nostra intensità a qualcun altro.

Il libro è composto da diverse voci e altrettanti «passaggi». Alcuni sono ruvidi, altri più gentili. È il caso di Mark, spettatore inconsapevole di una passione di cui non sa nulla. Nella contesa del desiderio, c’è sempre lo sguardo di qualcun altro?
Uno dei personaggi cita la canzone di Joni Mitchell, Conversation: «L’amore è una storia raccontata a un amico, è di seconda mano». L’immediatezza del romanticismo, e del sesso, può essere travolgente e profondamente confusa, a volte persino traumatica; è quando ne parliamo agli altri che cominciamo a localizzare l’esperienza all’interno di una narrazione. Nel romanzo, vediamo Mark iniziare a smantellare la storia che si è raccontato sull’amore, mentre si arrende a un’esperienza che sfida quella narrazione di cui Rachel è stata una fuggitiva.

Ci sono riferimenti a miti, così come alla Bibbia, alla psicoanalisi e alla filosofia. In particolare, c’è un consistente intreccio onirico. Quanto è importante il sogno come strumento per la conoscenza di sé in ciò che ha voluto scrivere?
Estremamente importante. Ho una vita onirica molto attiva e sono stata impegnato per anni nel lavoro onirico sciamanico. Insegno persino un corso chiamato «Dreamwriting», che guida gli scrittori nel processo di connessione ai loro sogni per l’ispirazione creativa. La migliore narrativa credo funzioni come un sogno, ovvero emerge solo con la più delicata e accurata mediazione dell’inconscio, del corpo, dell’interfaccia tra la nostra realtà in veglia e il mondo oltre.

A New York, che fa da sfondo al romanzo, i suoi personaggi letterari fanno lavori periferici e precari, vivono rapporti sfilacciati e abitano spazi intermedi di incomprensione. Rachel, Thomas, ma anche Mark o Jimmy, rappresentano altrettanti volti dell’isolamento contemporaneo?
Questo aspetto deriva dalla mia giovinezza trascorsa a New York (ora Amy Bonnaffons vive ad Athens, in Georgia, ndr). Guardando indietro ai miei vent’anni, sebbene avessi grandi amici e una vita impegnata, ero spesso estremamente sola, in un modo che sembra congiunto alla città di New York, se penso alla sua angolarità e verticalità, il modo in cui le persone sono sempre in movimento e mai del tutto sistemate. A un certo punto de I rimpianti, Rachel riflette su quanto sarebbe facile scomparire a New York; questa libertà, la sensazione che si possa apparire e scomparire a piacimento, ha qualcosa di seducente, soprattutto per un giovane che è ancora incerto su ciò che vuole dagli altri.

Nei dieci racconti che compongono la raccolta «The Wrong Heaven» (2018), descrive l’inquietudine di un mondo che ha bisogno di essere interrogato più attentamente. Immagina trasformazioni di corpi umani, oggetti che si animano o si perdono. Nella realtà così opaca, si depositano e disvelano meraviglia e terrore?
In quel libro succedono cose molto strane, come statue che prendono vita e donne che si trasformano in cavalli, eppure non ho mai avuto l’intenzione di descrivere una realtà diversa o alternativa. Volevo descrivere la realtà che ho vissuto, in sostanza, la meraviglia e il terrore di essere umani in un corpo. La realtà ha molteplici livelli al di là del visibile, e l’immaginazione è un modo di percepire tanto quanto di creare. Mentre scrivevo i racconti, leggevo la tetralogia di Elena Ferrante che mi ha ispirata nella maggiore onestà riguardo l’amicizia tra donne e la mia esperienza sessuata in generale.

Ha diretto a lungo la rivista «7×7», con cui ancora le capita di collaborare e che si concentra sui rapporti tra scrittura e arti visive. Cosa ci dice una tale contaminazione sul presente?
La rivista ora è gestita da Axel Wilhite, con cui l’ho fondata perché credevamo nel potere della collaborazione e della sperimentazione interdisciplinare. La mia scrittura è molto condizionata dall’immagine – che penso sia più attigua al sogno rispetto alla parola scritta – e sono costantemente ispirata dall’arte visiva. Attualmente sto lavorando a una collaborazione con la fotografa Brittainy Lauback, perché spesso si genera qualcosa a cui non avrei potuto accedere da sola. Chi scrive è spesso solo, il dialogo è invece liberatorio. Nel fondare «7×7», io e Axel volevamo creare uno spazio per far sperimentare agli altri quella libertà. Viviamo in una cultura sempre più visiva, perché la tecnologia digitale rende possibili nuovi modi di collaborazione e perché tutti cerchiamo nuove forme di connessione mentre il paesaggio sociale cambia.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento