Il deja vu del congresso Cisl, il vero sindacalista è il papa
Nuova Concertazione Applausi per Gentiloni (e sette ministri) anche su nuovi voucher, Jobs act e banche venete
Nuova Concertazione Applausi per Gentiloni (e sette ministri) anche su nuovi voucher, Jobs act e banche venete
È tutto uguale al giugno 2013. Manca solo Bonanni. Il primo dei tre giorni del congresso Cisl è un déjà vu di quattro anni fa. Stesso luogo – l’ormai vecchio e caldo Centro congressi dell’Eur di Roma – stessa relazione per «un sindacato contrattualista» – anche se a farla è l’attuale segretaria generale Annamaria Furlan – stessi applausi ad un premier centrista – nel 2013 Enrico Letta a pochi mesi dal celeberrimo #enricostaisereno, ieri Paolo Gentiloni, uniti dalla stretta relazione con la comunità cislina e l’origine democristiana.
L’UNICA VERA NOVITA’ è esterna. E viene dal Vaticano. Dove il congresso è cominciato ieri mattina con l’udienza concessa ai delegati da parte di papa Francesco. Da lui sono arrivate le parole più di sinistra della giornata. E non ci voleva molto. In primis sul significato stesso di sindacato: «Nasce e rinasce tutte le volte che dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero “venduto per un paio di sandali” (Amos 2,6), smaschera i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più fragili, difende la causa dello straniero, degli ultimi, degli scarti». E ancora: «Ma forse la nostra società non capisce il sindacato perché non lo vede abbastanza lottare nei luoghi dei “diritti del non ancora”: nelle periferie esistenziali. Pensiamo al 40 per cento dei giovani che non hanno lavoro». «È una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti». Il monito di Bergoglio è per «un nuovo patto sociale, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per permettere ai giovani, che ne hanno il diritto-dovere, di lavorare». La staffetta generazionale, insomma.
Il passaggio più forte è però quello sulle pensioni d’oro. «Sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni». Parole che avranno fatto fischiare le orecchie a Raffaele Bonanni, dimessosi nel 2014 – per Annamaria Furlan – proprio a causa delle polemiche sulla sua pensione. E infine l’accenno alla corruzione: «La corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti». Rieccheggiando le faide nella Cisl campana commissariata con le accuse di peculato per l’ex segretaria regionale Lina Lucci.
IL RINGRAZIAMENTO per le parole del papa è stato uno dei momenti più applauditi della relazione introduttiva di Annamaria Furlan. Una relazione tutta imbastita su messaggi al governo, aprendo alla revisione della normativa sullo sciopero «con un intervento legislativo a sostegno della contrattazione e della rappresentanza» inteso come «nodo culturale prima che politico»; ad «una stagione di contrattazione di secondo livello nelle imprese basata sulla produttività»; «a finalmente chiudere la riforma del lavoro con la gamba delle politiche attive», per chiudere con il rituale tema della detassazione del cuneo fiscale.
DOPO DI LEI tocca subito ad un Paolo Gentiloni in maniche di camicia in rappresentanza di una pattuglia di ben otto ministri in prima fila (da destra a sinistra: Franceschini, Poletti, Martina, Gentiloni stesso, Alfano, Pinotti, Delrio, Fedeli). «Nonostante il caldo il governo tiene», è la battuta iniziale che scioglie i delegati. Il resto è miele puro per la sala cislina: «Annamaria l’ho conosciuta e apprezzata 10 anni fa quando ero ministro e lei seguiva il settore delle Poste», poi arriva la citazione di Pierre Carniti («Si chiede “Che fai?” alle persone perché lavoro è centrale»). Il resto è misurata propaganda – «Proprio oggi il Centro studi Confindustira (quello del meno 4 per cento in caso di vittoria di No al referendum, ndr) aumenta la stima del Pil a 1,3 per cento annuo: è molto positivo ma non vogliamo fermarci; ora lavoreremo su regole e tutele per ogni singolo lavoratore come abbiamo fatto col sindacato per arrivare al Reddito di inclusione e a ricostruire il filo della rappresentanza in un paesaggio del lavoro frastagliato mettendo al centro i giovani». I delegati ormai applaudono tutto. Anche il salvataggio delle banche «che abbiamo dovuto fare perché l’Europa non c’è stata» e «i nuovi voucher per famiglie (la Cisl era favorevole, ndr) e microimprese (la Cisl era contraria, ndr)». La chiusa «ad evitare una contrapposizione ideologica inutile» fa spellare le mani alla platea. Come toccò ad Enrico Letta.
IL CONGRESSO DOMANI rieleggerà Annamaria Furlan e la sua segreteria che verrà solo leggermente ringiovanita con gli ingressi di Andrea Cucello (Lazio) e Angelo Colombini (Femca chimici) e l’uscita di Beppe Farina (ex Fim) e Giovanni Luciano (ex trasporti). Non entrerà invece Marco Bentivogli, per il sindacalista più amato dai renziani («fossero tutti come lui») la strada è comunque spianata.
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