Cultura

Il cuore è un cane disorientato, e senza nome

Il cuore è un cane disorientato, e senza nome

NARRATIVA L'esordio letterario di Giuseppe Zucco, edito da minimum fax

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 marzo 2018

Il romanzo d’esordio di Giuseppe Zucco Il cuore è un cane senza nome (Minimum Fax, pp. 244, euro 17) è la storia di un amore finito e del dolore incolmabile per la perdita della persona con cui si condivideva tutto il sesso della propria vita, gli scherzi – anche pesanti – le incomprensioni. Il protagonista del romanzo è stato lasciato dalla donna con cui aveva fatto promesse che non capisce come abbiano potuto polverizzarsi. È stata tutta colpa sua? È stato davvero capace di sbagliare così tanto?

LA PROFONDITÀ con cui Zucco pone domande cruciali sul sentimento amoroso e sulla sua forza distruttrice già connoterebbe questa prima prova di scrittura di un testo lungo come un esperimento riuscito. L’autore dimostra, infatti, una capacità di trattare una tematica come quella dell’amore infelice seguendo nella scrittura una vena carsica, rara, come lo sono le caverne triestine. Zucco, però, non si accontenta di condurre il lettore in uno scavo testardo alla ricerca della verità sull’amore e costruisce una storia simbolica.
In questa narrazione in cui l’eternità dell’amore, la sua maledetta incapacità di finire, viene raccontata attraverso l’immobilità del tempo che trascorre per tutti tranne che per il protagonista abbandonato, egli, l’uomo lasciato, è diventato un cane. Un quadrupede che non invecchia, che non è bello, che non sa resistere al richiamo del cibo o a quello di una pallina lanciata perché lui la riprenda. Un cane che sogna ancora della donna amata, che non smette di ricordare, nelle sue avventure randagie, di quando avevano litigato all’uscita di un locale, del primo momento in cui lei gli ha messo la testa sulla spalla, di come ogni volta che partiva si ostinasse ad accompagnarla e ad andare a prenderla alla stazione, mentre lei si lamentava e fumava sulla banchina del treno.

IN UNA SIMILE STORIA, il cui il tempo non scorre lineare, la donna è nei ricordi la bambina che lo salva trovandolo ferito da altri randagi. È la paffuta, profumatissima ragazzina sadica che lo punisce severamente, con aghi e forbici, se ne ha voglia. Sarà la ragazza che incontrerà di nuovo per caso, dopo un tempo che è trascorso per lei, ma non per lui, che è rimasto uguale, intatto, lo stesso cane innamorato con cui la giovane donna non può fare a meno di condividere il suo tempo. Anche quando lui cercherà di abbandonarla, di lasciarla al suo destino pericoloso che lei ha meritato, decidendo di mettere fine alla loro storia, dopo un altro tempo indefinito, la rincontrerà, questa volta vecchia. Nel romanzo il cane non si lamenta mai della sua mutazione, inversa riguardo quella di Cuore di cane di Bulgakov in cui è Pallino a essere trasformato in un uomo, per permettere all’autore di deliziarci con un’ironia affilata sulla bestialità umana, assente qui. In questo innamorato inesorabilmente cane, infatti, nell’incomprensione profonda tra un uomo e una donna, in questo amore che non sa vivere né finire, troviamo una tristezza vera e una profonda verità

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