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Il cuore di Riccardo

Libri Filosofo, comunista, sindacalista: il primo volume delle opere di Riccardo Terzi, "Sindacato Politica Economia" (Ediesse-Crs)

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 28 ottobre 2017

La democrazia ha subito uno strano destino: nata come l’irruzione delle energie vitali della società civile nello spazio della politica, sembra oggi capovolgersi nel suo opposto, in un rispetto solo formale e astratto delle regole e delle procedure. Da forza di cambiamento diviene forza di conservazione, segno evidente della sua decadenza e del suo svuotamento”. Parole puntute, amare, sferzanti.

Riccardo Terzi è morto nel 2015 a 73 anni. Presto, troppo presto per una Sinistra ormai assente o smarrita, incarnata più da politicanti che da politici, individui di “decadenza e svuotamento”, per l’appunto, di incerta personalità e claudicante incultura, ignari d’un passato sul quale non amano riflettere, anzi sovente negato a priori perché ritenuto fardello pesante e conoscenza superflua in un’epoca di corta miopia. “La manutenzione tecnica del sistema è l’unica bussola. I partiti politici sono oggi strumenti di intrappolamento che impediscono l’esercizio della democrazia come pratica sociale di massa. Vita e politica sono del tutto divaricate, incomunicanti”: altra perla che si trova in Sindacato, politica, autonomia (ed. Ediesse-CRS, pag. 174, euro 12, pref. di Salvatore Veca più altri contributi). È in corso una pazzesca mistificazione nel “tentativo di un’estrema concentrazione del potere, coi miti della velocità e del cambiamento… Occorre un’operazione di bonifica del linguaggio, ed è buon criterio quello indicato da papa Francesco per cui ‘dietro ogni eufemismo c’è un delitto’: è necessario liberarci di tutta la zavorra della corrente ipocrisia”.

Negli anni Ottanta, marginalizzato dal PCI per la sua opposizione al Compromesso storico, proseguì l’impegno nella CGIL, accolto a braccia aperte da Lama prima e Trentin poi, giganti capaci di cogliere valori e valenze in persone elevatissime eppur discrete, refrattarie al protagonismo narcisista. In Cgil ha lavorato fino alla fine, nell’ultimo decennio due volte segretario nazionale Spi dove si occupava di cultura e ricerche. I sindacati -compresa la Cisl di Pierre Carniti, e non solo- riconoscevano la sua indiscussa apicalità.

Acuto, paziente, accorato, determinato: “La forza del negativo è il trasformismo, e già a Bruno Trentin la politica attuale appariva come il segno di un generale trasformismo: sta qui la ragione del distacco, del rifiuto della politica, si vede solo la competizione per il potere e non la competizione dei progetti… Troppi sembrano affascinati dal modello del leader carismatico a cui si consegna la facoltà di fare e disfare secondo il suo arbitrio, senza che ci sia neppure l’ombra di una discussione collettiva”. Assistiamo alla “devastazione del pensiero perché ogni tentativo di guardare oltre la realtà data è subito bollato come inaccettabile invadenza dell’ideologia. Il politico moderno, insomma, è il politico che ha rinunciato a pensare”. Frasi limpide, razionalmente inoppugnabili, che Terzi scriveva dieci anni fa sul sito della Fondazione Di Vittorio -ben prima della resistibile ascesa d’un boy scout a Palazzo Chigi- e ribadiva a un convegno nazionale Fiom a pochi mesi dalla fine. Ce n’è anche per le OO.SS.: “Nella stessa pratica sindacale della Cgil, Trentin denunciava uno scarto fra il dire e il fare, fra principii affermati e gestione di fatto delle politiche contrattuali, spesso guidate dalle convenienze di alcuni segmenti del mondo del lavoro o da un calcolo contingente dei rapporti di forza”; ad esempio gli accordi che fissano “un duplice regime contrattuale, più vantaggioso per i vecchi assunti, meno per i nuovi, dove si rompe la solidarietà di classe e c’è solo la difesa corporativa degli interessi meglio protetti e tutelati”, mentre si tratta di “porre al centro il tema di una cittadinanza universale e inclusiva, con pari diritti e pari doveri per tutti”, e su questa base aprire “all’azione sindacale un nuovo, straordinario campo di iniziativa: verso i giovani, le figure più svantaggiate, i lavoratori immigrati”.

Terzi approdò ventenne alla scelta comunista attraverso gli studi filosofici. Continuò la militanza partitica nelle varie forme della metamorfosi a sinistra, per convinzione ossessivamente unitaria che nulla salus extra ecclesiam. Fino a che tutto, ma proprio tutto, prese strade involutive così lontane da non lasciare più margine a qualsivoglia illusione: nel 2013 lasciò il Pd rassegnando irrevocabili dimissioni da personaggi straniti in alleanze a destra contronatura.

 

 

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