Il crepuscolo del «secolo breve» alla luce della ragione
MOSTRE «Arte come rivelazione», in mostra fino al 19 agosto la collezione Luigi e Peppino Agrati alle Gallerie d’Italia a Milano
MOSTRE «Arte come rivelazione», in mostra fino al 19 agosto la collezione Luigi e Peppino Agrati alle Gallerie d’Italia a Milano
È curiosa l’immagine che gli imprenditori Luigi e Peppino Agrati hanno lasciato di sé. Tra i loro ritratti e le opere che hanno collezionato e donate a Intesa Sanpaolo da Luigi e dalla moglie dopo la scomparsa del fratello, che aveva cominciato a assemblare la raccolta sul finire degli anni sessanta, sembra passarci in apparenza un intero e stridente modo di vivere.
DA UN LATO vi è l’evidente appartenenza a un mondo che ha fatto sempre gioco a sé, fedele alle tradizioni e cavato dalla stessa terra di Lombardia; immune al nuovo, anzi capace di assorbirne gli effetti con noncurante lungimiranza e in cui il lavoro è inteso, ancor oggi, come affermazione dalla fatica del vivere quotidiano.
D’altronde il retaggio del podere e successivamente della «fabbrichetta» insuffla letteratura e biografie, anche illustri: da Manzoni a Carlo Grassi, da Vismara e Juncker fino a Gadda e a Testori. Dall’altro proprio osservando la raccolta d’arte non si può fare a meno di constatare come le opere collezionate affranchino i due fratelli proprio da quei costumi, senza peraltro venir rinnegati, per proiettarli nella modernità e in un certo senso suggellare il desiderio di saldare i due mondi attraverso il possesso fisico e contemplativo del manufatto artistico, ormai liberatosi dalla dittatura della parete e dello spazio al pari, più o meno nello stesso torno di anni, di altre condizioni come quella femminile o manicomiale s’andavano emancipando, grazie agli incendi culturali del ‘68.
DUNQUE, in questo doppio indirizzo otto-novecentesco, non esente da suggestioni psicoanalitiche e tuttavia inchiavardato totalmente nel loro tempo, non prima d’aver puntellato con la malattia del collezionismo il trentennale crepuscolo del «secolo breve», Luca Massimo Barbero squaderna e reimpagina criticamente le opere selezionate, dalle 500 e più conservate da Intesa Sanpaolo, per l’allestimento alle Gallerie d’Italia di Milano (Piazza della Scala fino al 19 agosto 2018, ingresso gratuito, catalogo Silvana Editoriale) di Arte come rivelazione. Opere dalla Collezione Luigi e Peppino Agrati.
DI PIÙ: Barbero non ha sviato l’attenzione, memore delle operazioni condotte a inizio «anni zero» da Germano Celant e successivamente nella catalogazione generale delle opere, dalla scelta di artisti italiani e americani che potessero dialogare a distanza ravvicinata su istanze comuni o perlomeno contigue ai movimenti internazionali che andavano commercializzandosi all’indomani della seconda guerra mondiale, prima di affermarsi completamente e far mercato negli anni sessanta e settanta: astrattismo, informale, concettuale, nuovo realismo, pop, nuova figurazione, minimalismo, graffitismo si succedono nelle acquisizioni come l’inattesa predilezione per la scultura proteiforme di Fontana, Richard Serra e Dan Flavin.
SEBBENE ed è un merito da sottolineare, l’eredità illuminista degli Agrati consentisse loro di stabilire con alcuni artisti relazioni amicali, che in mostra sono evidenziati dalla camera circolare e da più di uno degli spazi ricavati dagli uffici dell’ex Banca Commerciale dedicati a Fausto Melotti. Lo scultore milanese resta nel conto degli artisti e delle opere il più rappresentato in assoluto sia con le «Kore», ceramiche «greche» degli anni Cinquanta sia con le soluzioni lineari dei due decenni successivi e a questo periodo appartiene l’iconico «un folle amore» che stabilisce il discrimine tra passione e arricchimento intellettuale nella formazione dei due collezionisti.
O ancora dal magnifico storytelling espositivo del brevissimo impacchettamento del Monumento a Vittorio Emanuele di Christo. Quest’episodio, ormai consegnato agli annali dei fallimenti della storia dell’arte consentì agli Agrati di prendere contatto con l’artista bulgaro e di commissionar un intervento privato nel giardino della loro casa, com’è con dovizia documentato da progetti, fotografie e disegni.
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