Il crepuscolo degli déi nell’invasione romana della «Britannia»
Serie tv Su Sky Atlantic la serie creata da Jez Butterworth
Serie tv Su Sky Atlantic la serie creata da Jez Butterworth
«Ammirate dei della Britannia, Roma è qui» annuncia il generale Aulo Plauzio, interpretato da David Morissey, quando insieme ai suoi legionari approda sulle rive di quella che oggi è l’Inghilterra.
L’impresa, ci annunciano le didascalie che aprono la serie tv Britannia – produzione Amazon Prime e Sky, in onda da lunedì scorso su Sky Atlantic – è proprio conquistare la terra dei druidi che aveva «messo in fuga» le legioni di Giulio Cesare novant’anni prima – siamo infatti nel 43 d.C., durante l’impero di Claudio e negli anni appunto dell’invasione, e la conquista, della Britannia.
Ma le somiglianze storiche finiscono qui, come era lecito aspettarsi, e da subito si entra in una dimensione fantasy che guarda – più che a una libera ricostruzione storica – a una serie come Game of Thrones con i suoi incantesimi, regni (qui tribù) in lotta tra loro, massacri e divinità.
Proprio il sistema di credenze contrapposte e reciprocamente temute è quello che interessava il creatore della serie Jez Butterworth: «Sono affascinato da cosa succede quando gli dei muoiono. Quando un’antica fede crolla e viene sostituita da qualcosa di nuovo. Nuovi nomi e nuovi volti che si adattano ai nuovi tempi.
Abbiamo una guerra tra due pantheon: gli dei romani contro le divinità celtiche. È lo scontro più duro di tutti i tempi, quello che dà forma a chi siamo noi oggi».
In questo crepuscolo degli déi dove sono soprattutto i più «secolarizzati» romani a temere i poteri dei druidi – che risvegliano paure ancestrali (del resto danno loro filo da torcere sin dai tempi della pozione magica di Panoramix) – si innestano una serie di situazioni tradizionali: l’amicizia tra l’outcast e una bambina strappata alla sua famiglia, i tradimenti, le lotte di potere e la necessità (per i celti) di riunirsi e far fronte al nemico comune.
Nemico che, nella cornice fantasy, adombra intenzionalmente un colonialismo imperiale molto più vicino ai nostri tempi che non alle conquiste dell’impero romano.
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