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Il Cremlino: «Siamo nel giusto, si tratta di un atto umanitario»

Il Cremlino: «Siamo nel giusto, si tratta di un atto umanitario»Munizioni e armi dei filorussi – Reuters

Mosca Ritrovato il cadavere del giornalista russo scomparso il 5 agosto scorso nelle regioni orientali

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 23 agosto 2014

Si era detto «preoccupato» Pëtro Poroshenko per l’arrivo ieri a Lugansk dei primi Kamaz russi (34 erano stati sdoganati giovedì; ma ieri i doganieri ucraini si erano presentati solo nel tardo pomeriggio e buona parte dei 287 camion non aveva atteso il loro arrivo per mettersi in marcia) con gli aiuti umanitari per le popolazioni del sudest dell’Ucraina e aveva incaricato il suo capogabinetto di «significare alla controparte russa la propria inquietudine e riportare la situazione nei limiti del diritto internazionale».

Ne dava notizia ieri pomeriggio il sito russo Ntv, aggiungendo che Kiev, mentre prometteva di non far bombardare il convoglio – con un sibillino «No, contro di loro, no» – si rifiutava però di garantirne la sicurezza, tanto che la Croce rossa internazionale non accompagnava i camion, «per motivi di sicurezza».
E così, intorno alle 16 ora italiana, Interfax riferiva che i primi automezzi entravano a Lugansk, scortati dalle milizie popolari.

E mentre Kiev, l’Europa e la Nato reagivano contrariati, il vice Ministro degli esteri russo Sergej Rjabkov spiegava perché ciò avveniva senza la scorta della Croce rossa e il permesso di Kiev: «Mosca, inviando il convoglio umanitario nel Donbass, agisce in piena rispondenza con le norme del diritto umanitario internazionale. Siamo sicuri di essere nel giusto. E accusiamo Kiev e i Paesi che le stanno dietro di porre sempre i loro interessi politici – in sostanza antirussi – al di sopra delle solide norme dell’umanità e della pietà». Con ciò rispondendo abbastanza direttamente alle accuse rivolte a Mosca da Usa, Nato e Ue.

Per quanto riguarda i due Presidenti, Poroshenko e Putin, quello ucraino ha dichiarato che «faremo tutto il possibile affinché tutto ciò non abbia conseguenze più gravi», specificando che le guardie di frontiera e di dogana ucraine erano state inviate al punto di confine «Donetsk» con l’ordine di far passare il convoglio umanitario accompagnato dalla Croce rossa, ma che, secondo lui, gli accordi erano stati violati.

Da parte russa, Peskov confermava «l’avvenuto colloquio telefonico tra i capi delle amministrazioni presidenziali russa e ucraina e le parti si erano dette d’accordo per una sistemazione rapida, senza incidenti o provocazioni, delle operazioni di consegna degli aiuti umanitari russi».

Per Ria Novosti, il Presidente russo era informato fin dal mattino della decisione di far avanzare il convoglio, tanto che già alle 9.35 (ora italiana) il portavoce del Ministero degli esteri russo Alekasandr Lukashevic, rilasciava una lunga dichiarazione in cui giustificava la partenza dei camion con una «situazione fattasi ormai insopportabile per le infinite e volute lungaggini nella consegna degli aiuti».

La presentazione da parte di Kiev «di sempre nuove artificiali pretese e pretesti si è trasformata in uno scherno. Non è più possibile sopportare oltre simili disonestà, evidenti falsità e incapacità di giungere a un accordo. La parte russa ha deciso di agire. La nostra colonna con il carico umanitario comincia a muoversi in direzione di Lugansk».

Nel pomeriggio, in vista della riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza dell’Onu, in programma per le 21, Il Ministero degli esteri russo diffondeva una nota in relazione al diniego posto da Stati uniti e Lituania alla proposta russa di dichiarazione da parte dello stesso Consiglio di sicurezza sull’aiuto umanitario al sudest ucraino; Mosca sottolineava che «non rimangono dubbi sugli obiettivi di Washington e dei suoi satelliti di continuare lo scontro armato in Ucraina».

Intanto sarebbe stato rinvenuto nei pressi del villaggio di Dmitrovka, nella zona del conflitto e all’interno di un’auto mitragliata e bruciata, quello che potrebbe essere il corpo del fotoreporter russo che lavorava per Rossja Segodnya, Andrej Stenin. Non ci sono ancora conferme ufficiali si tratti di lui.  Il giornalista era disperso dallo scorso 5 agosto.

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