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Il Covid-19 è ancora qui e il numero di casi risale

Il Covid-19 è ancora qui e il numero di casi risale

Coronavirus Tra Omicron 2, fine delle restrizioni e vaccinazioni al palo, si registra un lieve aumento

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 8 marzo 2022

Il Covid-19 è sparito dai radar a causa della guerra in Ucraina. Ma è ancora tra noi. Anzi, dopo settimane di grafici in discesa, da qualche giorno il numero di nuovi casi è tornato a salire. Il numero medio (calcolato su base settimanale) ieri è risalito a 37.108 unità, dopo aver toccato un minimo di 35.662 casi il 4 marzo. Non è un effetto dovuto all’aumento dei tamponi, perché cresce anche il tasso di positività, cioè il rapporto tra casi rilevati e test effettuati: «molecolari al 17,4% e antigenici al 13,4%, che sono valori molto elevati» riferisce il presidente della fondazione Gimbe Nino Cartabellotta a Radio Cusano.

L’aumento in assoluto è piccolo e non preoccupante, ma segnala che il virus non se ne sta andando da solo. Ieri è tornato a salire anche il numero di persone ricoverate in area medica (+168) e in terapia intensiva (+7). L’aumento dei casi è iniziato dal centro-sud ma non è un segnale isolato. Indicazioni simili arrivano anche da altri Stati europei come Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Portogallo.

A causare la risalita dei casi potrebbe essere la diffusione della variante BA.2, soprannominata «Omicron 2», che si trasmette con velocità ancora maggiore rispetto alla Omicron. È l’ipotesi più accreditata secondo Antonella Mencacci, a capo del laboratorio di microbiologia dell’ospedale di Perugia: «Omicron 2 è ancora più contagiosa della Omicron. Questo, insieme al venire ancora meno delle restrizioni, potrebbe essere la causa dell’innalzamento dei contagi». L’ultima rilevazione, secondo cui la Omicron rappresentava il 99% dei ceppi in circolazione, risale al 31 gennaio. Ieri l’Istituto superiore di sanità ha avviato una nuova «indagine rapida» che darà una misura della diffusione della BA.2. Mencacci aggiunge che il calo delle vaccinazioni e la riduzione degli isolamenti potrebbero aver aiutato la trasmissione del virus. «Ci siamo caduti sempre» dice Mencacci. «Quando la curva epidemica scende, il numero dei test fatti diminuisce. Secondo le linee guida nazionali i contatti stretti vaccinati possono continuare a uscire, a lavorare e a muoversi. Rischiano però di essere contagiosi qualora si infettino e di fatto questo accade».

Anche la diga dei vaccini potrebbe essersi indebolita. I dati dimostrano che la prevenzione dal contagio diminuisce nel giro di pochi mesi dopo ogni dose, mentre rimane elevata la protezione dalle forme più gravi. Inoltre, la somministrazione delle prime dosi e dei richiami ha molto rallentato e la popolazione scoperta è ancora numerosa. Ogni giorno, si vaccinano per la prima volta meno di 5mila persone (solo 1500 con più di 50 anni) e oltre 50mila ricevono il richiamo. Gli ultracinquantenni non vaccinati né guariti sono circa un milione e mezzo, mentre 5 milioni non hanno ricevuto la dose booster. Circa la metà delle nuove vaccinazioni tra gli ultracinquantenni viene effettuata con il vaccino Novavax. È basato sulla tecnologia a proteina ricombinante e non sul mRna, ma questo non sta convincendo gli scettici.

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