Il corpo vivo del perdono
«Compianto sul cristo morto» di Niccolò dell’Arca, terracotta, 1463
Cultura

Il corpo vivo del perdono

Intervista La sepoltura di Priebke, la buona morte per i malati terminali, il rifiuto della pena di morte. Temi che hanno visto una vivace discussione in un un paese ormai secolarizzato. Parla lo studioso italiano Adriano Prosperi
Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 8 gennaio 2014
Delitto e perdono (Einaudi, pp. 575, euro 35) è l’ulteriore tappa di una ricerca sulla pena di morte, sui suoi soggetti, istituzioni, pratiche di cui Adriano Prosperi, emerito alla Scuola Normale Superiore, è uno dei più autorevoli esperti. Molti sono anche i suoi interventi d’attualità: l’esecuzione di Bin Laden, la sepoltura di Priebke, i malati terminali, i condannati nel braccio della morte. Lei ha sottolineato la dimensione italiana delle compagnie della buona morte. Vede ancora i segni di quella presenza?  Sì. È iscritta nella continuità delle istituzioni, spesso attive nelle loro antiche sedi. Il nome «misericordia» in diverse parti d’Italia...
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