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Il corpo guastato dalla vita

Carol Rama Un ritratto dell'artista scomparsa a 98 anni dopo una lunga reclusione nella sua casa-museo

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 3 ottobre 2015

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Il corpo come luogo del perturbante, spesso ridotto a feticcio dalle sue mutilazioni, a volte neanche riconoscibile in quel frammento isolato che fluttua nello spazio vuoto, apparecchiando un banchetto del disagio. È questa la produzione che più conosciamo di Carol Rama, l’artista torinese scomparsa venerdì scorso all’età di 98 anni. Se n’è andata da outsider, lei autodidatta per una vita intera, «donna dai sette volti», come la definì Man Ray, alla fine rinchiusa nella sua casa-museo della memoria, con la mente in viaggio verso mondi lontani. Una vecchiaia la sua, vissuta come eterna provocazione: nel 2006 aveva posato nuda per l’amico fotografo Dino Pedriali, ma quegli scatti furono banditi, tacciati di oscenità e lei interdetta dal tribunale.

Non era nuova,  Rama a queste interferenze: già nel 1946 una sua mostra degli esordi (all’Opera Pia Cucina malati poveri di Torino) venne bandita dal gotha dell’arte e le opere sequestrate. Non piacevano, probabilmente, quei totem che inscenavano una pioggia di lingue, falli, scarpe, orinatoi. Erano minacce sessuali, profondamente erotici, occupavano le tele come fossero demoniache presenze non invitate alla festa pacificante degli occhi. «Le figure che dipingo le voglio guastate, sofferte come me», affermava Carol Rama quando le si chiedeva conto della sua imaginerie.

Eppure il suo autobiografismo serrato, insistito, quasi ossessivo, quella cifra teatrale alla Artaud, crudele per lo sguardo e per la dissezione sentimentale che comportava, ebbe una pausa di respiro e si allargò verso altri orizzonti quando l’artista entrò in contatto con il Mac, il movimento di Arte concreta e ne divenne una agitatrice intensa. Erano gli anni Cinquanta, la Biennale di Venezia la consacra, invitandola a esporre (poi bisognerà aspettare fino al 2003 per festeggiare il suo Leone alla carriera). Lei, intanto, si dirigeva spedita verso un astrattismo più organico che geometrico. In fondo, la sua preferenza rimase stabilmente ancorata ai corpi e i paesaggi allucinati dei pittori simbolisti, da Toorop a Rops fino a Klinger. Una volta abbandonati i lidi del Mac, però, sarà tutto un pullulare della «materialità dell’esistenza», pezzi di ricordi tumefatti incollati su tela, comprese dentiere e occhi di vetro. Reminiscenze spesso acquisite per via femminile – non a caso il primo lavoro conosciuto, realizzato a soli 18 anni, è dedicato a Nonna Carolina.

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Rama optò per un espressionismo tragico (venato di accenti grotteschi) che consegnava in acquerelli dal disegno leggero: ognuno, più che chiudere contorni si apriva verso lo spazio, rigonfio di tracce e segni ostinati, con colori informali, dati a macchia, che confondevano le figure. Gli anni Settanta vennero invasi dalla gomma (camere d’aria), il corpo finì per espandersi e sbrindellarsi al di fuori. Il decennio successivo segnerà la vera e propria «rinascita»: Lea Vergine, rivalutando il suo lavoro dei primi anni, la inserirà nella mostra itinerante sulle artiste del Novecento, L’altra metà dell’avanguardia.

Carol Rama non si curava del mercato, anzi spesso aveva fatto sapere di essere livida di rabbia: aveva dovuto aspettare i suoi ottant’anni per vedersi riconosciuta. Così, regalava quel che voleva ai suoi amici e negli anni, ha disperso quello che nel frattempo era diventato un patrimonio (i quadri più grandi, oggi, raggiungono quotazioni oltre i 200mila euro). Ora sembra che nella sua casa di via Napione sia spuntato, a pochi giorni dalla sua morte, un misterioso testamento redatto dall’artista nel 1998. Sicuramente, sarà uno scacco matto.

 

Precisazione

Lo Studio Avvocato Carpano ha inviato una lettera nella quale, in qualità di tutore dell’artista Carol Rama, fa sapere che il fotografo Dino Pedriali è stato condannato, in via definitiva, alla restituzione dei negativi o analoghi supporti digitali delle fotografie scattate nel 2005. Pedriali non potrà farne alcun uso in qualsiasi forma e mezzo e per qualsivoglia finalità. A seguito dei due gradi di giudizio, è stato chiarito che, quando vennero scattate le fotografie, Carol Rama era priva delle necessarie capacità di prestare validamente il consenso per farsi ritrarre nelle pose e situazioni proposte dal fotografo stesso.

Carol Rama è al centro di una mostra personale itinerante presso il Museo di Arte Moderna di Barcellona, che il prossimo anno sarà al Museo di arte moderna di Parigi, per proseguire poi in Finlandia e a Dublino, approdando infine alla Gam di Torino.

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