Visioni

Il corpo delle donne, il jazz non pacificato di Matana Roberts

Il corpo delle donne, il jazz non pacificato di Matana RobertsMatana Roberts – foto di Anna Niedermeier

Note sparse «In The Garden», quinto capitolo del progetto Coin Coin della compositrice e sassofonista americana

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 10 gennaio 2024

Non è frequente per un musicista riuscire ad immaginare e poi anche a produrre una opera in diversi episodi che si estenda negli anni. In perfetta controtendenza rispetto all’effimero dominante che impone brevità da consumare velocemente per passare ad altro e che sembra non concepire più progetti e pensieri lunghi, la sassofonista Matana Roberts si è prefissata di realizzare un vasto polittico discografico in dodici pannelli che trattino della esperienza afroamericana attraverso una ricerca sui suoi antenati. Un racconto familiare e collettivo iniziato nel 2011 e che può essere affiancato per qualità e importanza a Roots and Folklore: Episodes in the Development of American Folk Music di John Carter o a Ten Freedom Summers di Wadada Leo Smith.

L’esperienza afroamericana in un polittico discografico denso e stratificato

IL QUINTO capitolo del progetto Coin Coin è stato pubblicato, come i precedenti dalla canadese Constellation, e prende spunto dalla storia di una sua antenata morta a seguito di un aborto clandestino. Per la registrazione di Coin Coin Chapter Five: In The Garden la Roberts ha convocato Kyp Malone, synth, Mike Pride, batteria e percussioni, Matt Lavelle, clarinetto contralto e tromba, Stuart Bogie, clarinetto basso e clarinetto, Cory Smythe, pianoforte, Mazz Swift, violino, Darius Jones, sax alto, Ryan Sawyer, batteria e percussioni, Gitanjali Jain, text collage. La trombettista Jaimie Branch, che non ha fatto in tempo a partecipare alla registrazione perché tragicamente scomparsa nell’agosto del 2022, e qui accreditata per il coraggio. È un disco denso, stratificato e complesso. Musica scritta di sapore cameristico-contemporaneo, free jazz, elettronica, folk afroamericano, spoken word, canto, field recording si alternano e si intrecciano in un entusiasmante missaggio.

SEDICI TRACCE che contengono anche una toccante ninnananna tramandata dai tempi delle piantagioni. Storia e attualità sono indistinguibili nella denuncia dell’accanimento sui corpi delle donne ritornata di dolorosa attualità per la violenta campagna antiabortista negli Stati uniti. Perché il corpo, e soprattutto il corpo delle donne, è da sempre terreno di scontro ideologico e politico. Ancora una volta Matana Roberts ci consegna un disco di jazz non pacificato, un disco che interroga e che scuote. In The Garden mescola sapientemente musiche del passato e tensioni verso il loro superamento. Come diceva Amiri Barka: lo stesso che cambia. Il principio del Blues.

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