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Il controverso immaginario di «Gen»

Il controverso immaginario di «Gen»

Maboroshi Nel maggio del 1973 usciva su Weekly Shonen Jump, una delle riviste di settore più importanti, Hadashi no Gen (Gen di Hiroshima), manga creato da Keiji Nakazawa e basato sulle sue personali esperienze prima, durante e dopo lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima il sei agosto 1945.

Pubblicato più di un anno faEdizione del 17 marzo 2023

Nel maggio del 1973 usciva su Weekly Shonen Jump, una delle riviste di settore più importanti, Hadashi no Gen (Gen di Hiroshima), manga creato da Keiji Nakazawa e basato sulle sue personali esperienze prima, durante e dopo lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima il sei agosto 1945. Il lavoro fu serializzato fino al 1987 ed è diventato, nel corso degli anni, oltrepassando il suo essere un fumetto, un caposaldo della letteratura pacifista o comunque contro la guerra nell’arcipelago giapponese.
Si tratta di un lavoro di finzione che però, come scritto, è basato su quello di cui lo stesso Nakazawa fece esperienza dall’agosto del 1945 in poi, l’autore nacque nel 1939 a Hiroshima. La storia inizia proprio in quell’anno, negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, ed ha come protagonista Gen, un bambino di sei anni che vive a Hiroshima insieme alla famiglia. La vita già difficile, in quanto immersa nella povertà causata dal conflitto e dalla mobilitazione totale imposta dall’impero giapponese al suo popolo, diventa impossibile quando l’Enola Gay sgancia l’ordigno nucleare sulla città. Sopravvissuto alla catastrofe nucleare grazie al muro della scuola in cui si trovava, Gen assieme alla sorellina Tomoko si aggira in un paesaggio da incubo, fra cadaveri liquefatti, corpi sfigurati e malattie che inesorabilmente uccideranno chi è sopravvissuto all’esplosione.

NON SOLO il fumetto ha avuto tre adattamenti cinematografici sul finire degli anni settanta, ma sono stati realizzati anche due film d’animazione, nel 1983 e 1986, e nel 2007 anche una serie televisiva. Alcune settimane fa ha destato molte polemiche nel Sol Levante la decisione di rimuovere dal materiale didattico speciale alcune pagine del manga, che erano state fino ad ora in terza elementare ed in prima superiore, nelle scuole di Hiroshima. Alcune parti del manga sono state infatti giudicate non più adatte o non totalmente comprensibili ai bambini di oggi. In realtà non si tratta di pagine che mostrano la violenza, le conseguenze della militarizzazione o quelle dell’atomica sulla popolazione, cosa che era successa in una scuola della cittadina di Matsue nel 2013, quando il manga era stato ritirato, ma piuttosto ad elementi che sono stati ritenuti datati. Si tratterebbe nel particolare di due scene, una in cui si vedono i bambini rubare, spinti dalla povertà, le carpe dallo stagno dei vicini per cibarsene, atto ritenuto non educativo se letto nelle scuole oggi.

L’ALTRA riguarderebbe i bambini girare per il quartiere cantando le tradizionali rokyoku, storie cantate, per guadagnare qualche spicciolo e riempire la loro pancia vuota. Questo materiale, nei piani delle autorità della città, doveva essere sostituito da alcune testimonianze dirette di alcune donne che hanno perso i propri familiari nel bombardamento atomico e, secondo le dichiarazioni degli stessi responsabili, non si tratterebbe affatto di una scelta per negare l’importanza di Gen di Hiroshima. Nonostante queste spiegazioni e nonostante, come visto, non si tratti di qualcosa di strettamente controverso per quel che riguarda il contenuto, al contrario di quanto è successo quasi contemporaneamente al di fuori dal Giappone con i libri per bambini di Roald Dahl e quelli di James Bond scritti da Ian Fleming, la decisione ha causato una selva di critiche e polemiche che hanno spinto il consiglio comunale di Hiroshima a tornare sui propri passi.
La popolarità di Gen di Hiroshima, specialmente nella città, continua quindi ancora ad avere la meglio, l’opera del resto, benché pubblicata per la prima volta cinquant’anni fa, ha ancora un impatto molto forte sulla popolazione giapponese e il suo immaginario.

matteo.boscarol@gmail.com

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