Lavoro

«Il contratto figlio dei movimenti, così gli operai furono protagonisti»

«Il contratto figlio dei movimenti, così gli operai furono protagonisti»Una immagine della manifestazione nazionale dei metalmeccanici il 28 novembre 1969 a Roma

Convegno Fiom A 50 anni dalla manifestazione nazionale a piazza del Popolo a Roma. Re David: oggi come allora chiediamo salario per tutti ma le imprese dicono no

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 29 novembre 2019

Era un venerdì. E per la prima volta i metalmeccanici di tutta Italia scesero in piazza a Roma, raggiungendola con tutti i mezzi. Il 28 novembre 1969 è considerato unanimemente l’apice dell’autunno caldo. Cinquantanni esatti dopo la Fiom lo celebra rivendicando come quella lotta portò «al contratto nazionale più avanzato della storia sindacale» firmato un mese e mezzo dopo, l’8 gennaio 1970. Un contratto che ridusse l’orario settimanale a 40 ore, sancì il diritto di assemblea, determinò significativi aumenti salariali e il riconoscimento dei rappresentanti sindacali. «Un contratto che spostò per la prima volta il baricentro tra capitale e lavoro», come ha sottolineato nell’introduzione Adolfo Pepe.
Quella manifestazione unitaria conclusa con i comizi in piazza del Popolo dei segretari generali di Fim, Fiom e Uilm Luigi Macario, Bruno Trentin e Giorgio Benvenuto fu però il frutto di una grande stagione di mobilitazione nelle fabbriche e sui territori. «L’entusiamo di quella manifestazione fu unico, ci spinse ad andare avanti», ricorda Tiziano Rinaldini, al tempo studente a Bologna e in piazza quel giorno. «Quel contratto è figlio di una ondata di vertenze territoriali che ebbe come epicentro la Fiat ma che vide una contrattazione decentrata nei mesi precedenti con centinaia di vertenze in tutta l’Emilia. Ed è merito straordinario dei gruppi dirigenti di quel periodo, anche più di Trentin, Carniti e Trentin. Al centro c’era il protagonismo dei lavoratori e la richiesta di un aumento uguale per tutti che divenne elemento condiviso dal movimento universitario e da quello delle donne», come ha ricordato anche Lia Cigarini.
«Io, che il giorno dell’assunzione scioperai su indicazione della Commissione interna – racconta Gino Mazzone, allora operaio della Fatme a Roma – fui subito schedato come “pericoloso agitatore comunista” e mandato in un reparto confino. Ma da lì capì meglio la fabbrica e questo mi aiutò per preparare la trattativa che imponemmo all’azienda sulla riduzione del cottimo e l’organizzazione del lavoro: portammo Trentin in assemblea. Il giorno dello sciopero ci mandarono a fare un picchetto a Pomezia e alla manifestazione a piazza del Popolo non riuscimmo ad andare, ma fummo orgogliosi del risultato storico».
A tirare le fila dei ragionamenti è stata Francesca Re David. L’attuale segretaria generale della Fiom ha ricordato come «la prima manifestazione nazionale unitaria dal dopoguerra era a rischio ordine pubblico ma tutto si svolse senza incidenti: quel giorno per la prima volta la Fiom si dotò di un servizio d’ordine». Il suo è poi stato un parallelo fra le tante similitudini fra il 1969 e oggi. «Nessuno lo sa ma il numero dei metalmeccanici è lo stesso: circa 2,4 milioni, anche se non c’è più Mirafiori e ci sono tante piccole aziende e tanti appalti e sub appalti. Anche la richiesta centrale del contratto è la stessa: aumento salariale uguale per tutti. Oggi Federmeccanica ci risponde sostenendo che le grandi aziende hanno già pagato e le piccole non hanno la forza ma così facendo mette in discussione ancora una volta lo strumento del contratto nazionale che è fondamentale anche per avere una contrattazione di secondo livello».
L’occasione è servita anche per annunciare come sia tornato consultabile l’archivio nazionale della Fiom e della Flm che prestò sarà arricchito da una sezione riguardante il periodo 1901-1925, il cui fondo, conservato all’Archivio centrale di Stato, sarà digitalizzato.

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