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Il contratto e la minestrina riscaldata

Governo insediato. Utile dunque approfondire la lettura del suo programma, scevra da pregiudizi, anzi ansiosa di cogliere segnali di rottura e prospettive innovative. Analizzando il contratto di governo tra Lega […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 7 giugno 2018

Governo insediato. Utile dunque approfondire la lettura del suo programma, scevra da pregiudizi, anzi ansiosa di cogliere segnali di rottura e prospettive innovative.

Analizzando il contratto di governo tra Lega e 5stelle alla pagina (e mezzo) agricola, però, resta un retrogusto insoddisfatto proprio perché la ricetta è fin troppo ordinaria: made in Italy (già nel titolino), Pac e Agea (ossia soldi e certezze nei pagamenti), mercati (senza chiarire quali e per farne cosa), etichette e trasparenza (come se per sapere cosa mangiamo bastasse leggere il pacchetto), territori q.b. Il tutto condito da un approccio burocratico e gestionale, affatto visionario e creativo. Conservazione pura, roba da cibi in scatola.

E non basta l’invocazione alla sovranità alimentare a soddisfare le aspettative, soprattutto se in quel contesto assume un malinteso sapore sovranista e sciovinista.

Nessun riferimento a modelli di produzione climaticamente compatibili e curativi, nessuna indicazione sullo spopolamento delle aree rurali, nessuna considerazione su interventi di drastica riduzione dei pesticidi, nessuno sguardo al sistema di concentrazione dell’industria agrochimico-sementiera e alle possibili alternative, nessun ragionamento su giovani e donne o sull’accesso alla terra o sull’uso dell’acqua irrigua o su declino e recupero della biodiversità o sul cibo come diritto.

Non mancano solo le parole chiave (biologico, Ogm, pesticidi, semi, oppure ricerca e innovazione che pur figurano altrove), mancano proprio i concetti che le rendano vive e rilevanti.

Si riassapora così una minestrina già ingoiata più volte in passato, a prescindere dagli schieramenti: all’opposizione è un continuo lisciare il pelo alle alternative che innervano i territori e ai movimenti che chiedono che queste escano dalle nicchie e diventino norma; annusata l’aria di governo ci si rifugia nell’amministrazione di quel che si trova. Vedremo se anche in usuale collateralismo con le rappresentanze agricole mainstream.

Indipendentemente dal giudizio politico complessivo, sul binomio agricoltura e alimentazione il contratto di governo non mostra infatti alcun cambio di passo e vedremo se spaventerà o sarà piuttosto prateria per l’establishment, che non ha solo sembianze finanziarie o bruxellesi.

Il Ministro Centinaio era presente al tavolo che quel contratto redigeva, ma non sappiamo se con ruolo propositivo sui temi agricoli: ora è bene che vada oltre la paginetta (e mezza) ed esplori una realtà agricola e rurale che già rappresenta tanto di quel cambiamento che si vorrebbe incardini l’azione di governo, ma che nel relativo contratto, alla voce agricoltura, non traspare.

* Firab

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