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Il consiglio comunale vota lo sgombero di CasaPound

Il consiglio comunale vota lo sgombero di CasaPound

Roma Capitale La mozione del Pd approvata anche dal M5S

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 30 gennaio 2019

La sede romana di CasaPound Italia – «i fascisti del Terzo Millennio», come amano definirsi loro stessi – va sgomberata immediatamente. È quanto dispone una mozione approvata ieri a stragrande maggioranza dal Consiglio comunale capitolino (30 sì; solo 4 i voti contrari, quelli di Lega, Fi e FdI) che impegna la sindaca Raggi ad «attivarsi presso gli Organi competenti affinché sia predisposto lo sgombero immediato dello stabile sito in Via Napoleone III illegalmente occupato da CasaPound».

Una mozione vale quel che vale (poco, si sa) ma il testo presentato dal Pd e votato anche dl M5S – anzi, tengono a precisare i pentastellati che Virginia Raggi l’ha più volte sollecitato -, se da un lato punta a mettere in imbarazzo il ministro Salvini nella speranza di porlo davanti alla scelta di rallentare la corsa delle sue ruspe oppure di travolgere anche i suoi ex alleati neofascisti, dall’altro lato potrebbe diventare invece un’arma a doppio taglio per tutte le occupazioni romane.

Non che sia lecito porle sullo stesso piano, naturalmente. Le differenze sono evidenti, come fa notare la stessa mozione che porta la prima firma del consigliere dem Giovanni Zannola: «Non è tollerabile che Casapound possa protrarre la propria occupazione in un edificio di pregio per svolgere attività che alimentano un clima di tensione in città, rifacendosi alle ideologie fasciste e alle politiche di Benito Mussolini, violando le normative che non consentono tali comportamenti».

O come sottolinea anche Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri e consigliere della Città Metropolitana, che già ad agosto 2018 aveva posto la questione dello sgombero di CasaPound al Prefetto Basilone, alla sindaca e al ministro dell’Interno, «senza alcuna risposta», e ora si rallegra dell’iniziativa dei consiglieri. Con una precisazione: «Sono assolutamente contrario allo sgombero dei centri sociali, ma un conto è occupare uno spazio abbandonato, recuperarlo e restituirlo alla cittadinanza, altro conto è un partito politico che occupa un immobile pubblico».

La mozione spiega anche che l’immobile, di proprietà del Demanio, è occupato dal 2003 ma che «solo nel 2008 viene costituita l’associazione di promozione sociale CasaPound Italia». E che «ad oggi non è possibile escludere, anzi è probabile, che gli appartamenti all’interno della sede di CasaPound vengano affittati a terzi». Finora, prosegue il testo, «nessuna amministrazione e nessuna istituzione si è occupata di stabilire il danno erariale prodotto da questa occupazione», e invece bisogna «proseguire il percorso di permuta dell’immobile finalizzato alla sua riqualificazione, avviando un confronto con la cittadinanza e le istituzioni territoriali per deciderne l’utilizzo futuro».

I grillini romani rivendicano la scelta di aver votato la mozione del Pd, spiegando che «la legalità non ha colore politico». Un’affermazione neutra? Non proprio: «Diamo un segnale – rilancia il consigliere di Noi con Salvini, Maurizio Politi – votiamo tutti insieme un odg per chiedere lo sgombero di tutti gli edifici occupati in città, fuori dalla propaganda politica».

«Che cosa farà ora Salvini?», provoca il gruppo consiliare del Pd. «Noi non siamo alleati di Salvini dal 2015, quindi il ministro è libero di comportarsi come meglio crede», ribatte il leader di CasaPound Simone Di Stefano che nega che la sede del loro partito sia in Via Napoleone III, e avverte: «Se pensa di venire qui e buttare i bambini in mezzo alla strada troverà una ferma opposizione». La questione dunque è tutta e solo politica.

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